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venerdì, dicembre 27, 2002

UNA NUOVA PSICOLOGIA DELLA REALTA’

UNA NUOVA PSICOLOGIA DELLA REALTA’


di Marco Chisotti e Paola Sacchettino

Nell’interesse comune di conoscerci e di analizzare gli aspetti psicologici della nostra natura, è fondamentale considerare il metodo attraverso il quale arriviamo a tali conoscenze.
Oggi possiamo dire che il metodo psicologico è fondamentalmente cambiato; non è più fantapsicologia considerare la realtà un prodotto della mente dell’uomo. Anche i sacerdoti della psiche, gli psicologi, sono più propensi a passare dalle conoscenze psicologiche come “fotografie” della realtà, all’idea di conoscenze psicologiche come “rappresentazioni” della realtà, ossia prodotti di una cultura scientifica in un determinato tempo.
L’idea che la mappa non è il territorio abbraccia anche chi si interessa di mente/cervello; primi tra tutti, gli psicologi, sono chiamati in causa a riconsiderare le loro conoscenze non come qualcosa si assoluto, bensì come qualcosa di assolutamente contingente al senso comune condiviso.
La psicoanalisi di Freud è un esempio preciso del trait d’union esistente tra teoria psicologica e cultura scientifica di appartenenza; così oggi è indispensabile considerare la terapia psicologica essere sostanzialmente una proposta di stile di vita o di filosofia di vita.
La vera innovazione per la psicologia consiste nel coraggio che essa ha di mettere in discussione quel principio di realtà/verità con cui si è abituata a portare avanti le proprie argomentazioni.
Il principio descrittivo da cui lo psicologo parte nel considerare la realtà è un principio assolutamente riduttivo; nella terapia il continuo intento di portare il paziente verso un dato stato di realtà non ne potrà garantire un cambiamento.
E’ più corretto considerare un possibile metodo da adottare, contestualizzato nel tempo e nella cultura di riferimento, come una “ricetta” (listato di comandi), seguendo la quale si ottengono determinati risultati.
Lo psicologo diviene più un alchimista, che un farmacista e questo non comporta un passo all’indietro. L’alchimista è consapevole di far rientrare l’alea (l’incertezza) all’interno del suo preparato, ed è capace di rimanere coinvolto ed emozionato dal risultato ottenuto, che non può mai essere lo stesso.
Aiutare una persona è:

1. Conoscerne le risorse e le potenzialità (ambientali di riferimento).
2. Considerare i limiti e le possibilità della sua intelligenza, avendo la consapevolezza di trovarsi dinnanzi ad una persona con almeno due facce: una conoscibile e conosciuta dalla persona stessa (intelligenza razionale) ed una più racchiusa nel mistero, difficile da avvicinare e da rilevarne la presenza (intelligenza emotiva).
3. Sapere che la persona non è mai sola e che nella sua vita è accompagnata sempre da altre persone (affetti, amicizie, legami interpersonali, ecc.).
4. Considerare e conoscere le motivazioni e le intenzioni di cui la persona è consapevole.
5. Conoscere le origini dei presupposti sui quali ha costruito la propria personale filosofia di vita.
6. Prestare attenzione al modello linguistico utilizzato (uso di metafore descrittive, ridondanze, parole chiave, omissioni, ecc.).

La via migliore dell’aiuto alla persona passa attraverso tutti questi punti, aggiungendo il meno possibile a qualcosa che già di per sé permette di costruire la “ricetta” del cambiamento.
La realtà emerge da un processo di disvelamento, da qualcosa che c’era, ma che non si vedeva.
Una nuova psicologia per considerare la realtà, passa attraverso il riconoscimento da parte del soggetto delle proprie risorse, dalla loro riorganizzazione e dalla conseguente creazione di un nuovo mondo di riferimento.
E’ importante tenere presente che non ci sono conoscenze psicologiche oggettive, né formule assolute cui rifarsi. La psicologia necessariamente deve attingere dalla storia e dalla filosofia, dove per storia intendiamo il passato e per filosofia il futuro.
La filosofia di vita è il futuro della vita stessa, perché costituisce le basi metodologiche sulle quali si svilupperà la nostra esistenza. E’ dunque corretto considerare la costruzione del nostro futuro la filosofia che noi potremmo adottare.
La realtà coincide con la consapevolezza che possediamo di ciò che ci circonda; tale consapevolezza ci è data dalla scelta che facciamo di ciò che andiamo a descrivere.
Nell’idea che il futuro è ciò che desideriamo e, dunque, andiamo a scegliere, la realtà è il nostro futuro o meglio il nostro futuro è la nostra realtà.


giovedì, dicembre 19, 2002

IPNOSI E REIKI: UN FILO CONDUTTORE


Di Paola Sacchettino


In una società sempre alla ricerca della salute fisica e mentale, dove la pubblicità ci bombarda di messaggi all’insegna dei più disparati metodi per “star bene”, per “sentirsi in forma”, dove ogni donna, ogni uomo ed ogni bambino non può, e non deve, negarsi massaggi tonificanti e rilassanti, terapie termali, trattamenti estetici con prodotti rigorosamente naturali o elettro – stimolo – massaggiatori che riportino la muscolatura ad uno stato di forma ideale e la mente in perfetto equilibrio, l’ipnosi ben si colloca come mezzo per ricercare e raggiungere uno stato mentale e fisiologico di benessere ottimale.
L’ipnosi manda il cervello in onde a, rallenta notevolmente la sua attività, passando approssimativamente da un ritmo di 80 cicli/min a 40 cicli/min, permettendo a mente e corpo di entrare in uno stato di rilassamento profondo e rigeneratore.
Nel mondo orientale, prima, e in occidente sempre più, ormai, l’individuo è visto come un microcosmo, un concentrato di energia (Ki), che si manifesta con l’alternarsi di due movimenti opposti e complementari: Yin (negativo) e Yang (positivo). L’uno non può esistere senza la presenza dell’altro, opposto e contrario; nell’uno ci sono i germi dell’altro: gioia/dolore, piacere/sofferenza, azione/riposo, amore/odio, bianco/nero, bene/male, ecc.
L’energia si diffonde nel corpo seguendo dei tracciati, individuati dai terapeuti nel corso del tempo, chiamati da alcuni canali e da altri meridiani, collegati tra loro e in relazione stretta con gli organi vitali.
Il Sistema Nervoso Autonomo controlla tutte quelle funzioni del corpo che non dipendono dalla volontà dell’individuo e si suddivide, a sua volta, in due sistemi: il Sistema Nervoso Parasimpatico, legato principalmente ai processi più profondi dell’organismo ed il Sistema Nervoso Ortosimpatico, legato alle stimolazioni riguardanti la superficie corporea.
L’energia del corpo lavora in accordo con il SNA. Quando l’organismo risente maggiormente dell’influsso del Sistema Parasimpatico, l’energia scorre in tutti gli apparati che ne fanno parte, mentre sotto l’influenza dell’Ortosimpatico, l’energia tende a concentrarsi di più in una sola area corporea.
Si parla di energia sin dai primordi dell’umanità ed ogni civiltà ha dato definizioni ed interpretazioni di come l’energia agisca sulle persone e sulle cose, spesso facendone un vero e proprio culto.
Alla base di tutte queste filosofie sta il concetto che l’Energia Vitale Universale è presente in ogni forma di vita: gli indiani l’hanno chiamata Praña, i Cinesi Ki (con la contrapposizione di Yin e Yang), Pitagora la definì “Forza Luminosa”, Paracelso “Forza Vitale”.
Comunque sia stata definita l’energia è presente e scorre nell’Universo e dall’Universo si trasmette in tutte le forme di vita e in tutta la materia che compone l’Universo stesso. Uno squilibrio energetico porta al manifestarsi delle più disparate malattie dell’essere vivente e dei maggiori squilibri ecologici.
Nello stesso modo in cui i popoli antichi parlavano dell’esistenza di un’Energia Universale, nel XIX secolo, Franz Anton Mesmer, uno dei principali esponenti della storia dell’ipnosi, postulò l’esistenza di un tipo di energia che chiamò “Magnetismo Animale”. Egli sosteneva che il fluido universale era presente in ogni tipo di materia (il sole, i pianeti, le piante, gli animali) e da loro si trasmetteva all’uomo.
La malattia, affermava, consisterebbe in una disarmonia nella distribuzione di questo fluido, che può essere risanato indirizzando nell’organismo il fluido vitale, riequilibratore, proveniente da un magnete.
La credenza nelle proprietà magnetiche del corpo umano e nel potere terapeutico del magnete era già diffusa nel Medioevo; ma Mesmer, presto abbandonò il magnetismo minerale, per occuparsi solamente del magnetismo animale. Egli dimostrò che, quasi ogni cosa (e non solo la calamita), poteva condurre il flusso magnetico: tale fluido è simile a quello elettrico, potendo essere accumulato ed agire a distanza.
Questa concezione trovava la sua applicazione in una particolare prassi terapeutica: Mesmer si avvicinava al malato e, guardandolo intensamente negli occhi, si metteva in sintonia con lui; passava quindi, ripetutamente sulle parti malate, la sua mano o la bacchetta d’oro che impugnava.
Il concetto di sintonia tra ipnotista ed ipnotizzato è fondamentale nello sviluppo di una buona trance ipnotica, unitamente alla fissazione dello sguardo ed alla tecnica dei “passi”, consistente nello sfioramento delicato e discreto del paziente, con la mano dell’ipnotista (similmente a come Mesmer agiva con i suoi pazienti).
A questi principi si può assimilare anche il Reiki, un metodo di cura antico, che venne riscoperto in Giappone dal dottor Mikao Usui, intorno alla fine del XIX secolo (nello stesso periodo in cui Mesmer faceva i suoi esperimenti con il magnetismo minerale ed animale).
Il termine giapponese Reiki deriva dall’unione delle sillabe Rei (Energia Universale) e Ki (Forza Vitale).
Reiki significa, dunque, Energia Vitale Universale. Utilizzando questa energia si riporta armonia nell’organismo a tutti i livelli: fisico, mentale, emotivo e spirituale, nello stesso modo in cui agisce la trance ipnotica.
Il Reiki viene eseguito su due livelli: il primo permette la trasmissione di energia per contatto diretto dalle mani del terapeuta al paziente; il secondo permette di abbattere le barriere spazio/tempo, consentendo la trasmissione dell’energia a distanza.
Il principio è lo stesso della trasmissione di sensazioni e pensieri o del sincronismo che si crea tra due persone, per cui i due cervelli entrano sulla stessa lunghezza d’onda. Il cervello diventa un grande risonatore, che trasmette frequenze.
Quindi nell’ipnosi, come nel Reiki, nella cristalloterapia, nella meditazione o in qualunque altra pratica energetica, volta alla ricerca del benessere psicofisico della persona nella sua visione olistica, c’è alla base il sincronismo tra terapeuta e paziente, un’alternanza tra il guidare e l’essere guidato, dove il paziente si “fida” e si “affida” a colui che esegue il trattamento o ricerca la trance.
Si eseguono dei rituali e si utilizzano dei simboli, che aiutano le due persone a trovare la sincronia, la stessa lunghezza d’onda, il filo conduttore che permetterà loro di giungere insieme alla fine del percorso, in perfetta armonia con se stessi, con l’altro e con l’ambiente che li circonda.
Le menti si compenetrano, i due soggetti diventano un’unica cosa e si percepiscono: sofferenza, gioia, dolori, desideri non espressi, ma condivisi.
Sono metodi diversi per giungere ad una comunione (comune unione) con l’altro, ad una comunicazione, che va al di là della parola; magicamente ci si comprende, magicamente si entra in rapporto profondo, si verifica uno scambio “alla pari” di energia, con il suo contenuto di immagini, forme, sensazioni.
La mia realtà è la tua realtà, diventa realtà condivisa, nella quale ognuno mantiene la propria unicità, il proprio essere speciale, “diverso”, ma magicamente “uguale” all’altro e all’Universo intero.




lunedì, novembre 25, 2002

I PARADOSSI DELLA COMPLESSITA’

Di Marco Chisotti, Paola Sacchettino e Giuseppe Vercelli

Oggi si vive un clima di complessità in tutti quei rapporti interpersonali, in tutte quelle relazioni tecnologiche, con le quali ci dobbiamo confrontare quotidianamente.
Secondo Leumann, famoso sociologo, ogni sistema sociale semplice che viene avvicinato ad un sistema complesso, tende inevitabilmente a complessificarsi; non c’è più dunque spazio per le società semplici (matriarcali o patriarcali che siano).
La complessità dei rapporti sociali si ripercuote inevitabilmente sulle relazioni umane.
Diviene, dunque, fondamentale saper comprendere, che non vuol dire semplicemente comunicare; non basta capire per comprendere, bisogna arrivare a vivere insieme all’altro una solidarietà unica, creare una comune unità (comunità); occorre creare una realtà condivisa, in cui le parole dell’altro, le sue idee, la sua visione del mondo trovano il loro spazio.
L’essenza del lavoro del counsellor è sicuramente imperniata attorno al concetto di compassione. Il counsellor deve essere in grado di sviluppare delle relazioni d’aiuto in cui non si limita semplicemente a capire, ma è in grado di sviluppare una comprensione tra la propria struttura mentale e quella dell’altro.
Potremmo dire che la capacità del counsellor è quella di mettere i cervelli in derivazione tra loro e creare una mente unica.
Lo strumento più idoneo, a nostro parere, per favorire tale sincronismo tra le persone è la trance condivisa, quel momento in cui con l’ipnosi si riesce a realizzare una sorta di danza tra chi guida e chi viene guidato; la persona si fida e si affida al terapeuta, che in questo modo riesce a comprendere lo stato mentale che la persona sta vivendo, tanto da riuscire a sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda, come se ne potesse ricalcare la frequenza.
A questo punto i cervelli sono in attivazione, si ha l’idea più precisa di ciò che significa comprendere l’altro.
L’essere umano vive un’alternanza di sapienza e demenza. Da un lato è continuamente istruito a rispondere razionalmente (homo sapiens), a utilizzare la tecnologia (homo faber), ad impegnarsi nelle attività utilitaristiche (homo oeconomicus) ed adempiere gli obblighi della vita quotidiana (homo prosaicus). Dall’altro lato ogni uomo ha in sé dei principi “fuorvianti” (homo demens), è portato a giocare con e nella sua vita (homo ludens), è in grado di immaginarsi la vita futura (homo immaginarius), è capace di dilapidare grandi quantità di energia (homo consumans) ed è anche capace di poesia (homo poeticus).
Dunque egli, continuamente, vive un bipolarismo in cui l’attività di gioco, di festa, di rito non viene spesa semplicemente in contrapposizione alle attività pratiche e lavorative; il suo credere negli déi o in un Dio, come credere nelle proprie idee non può essere ridotto a pura illusione o superstizione.
Nell’uomo lo sviluppo della conoscenza razionale – empirico – tecnica, non ha mai eliminato la conoscenza simbolica – mitico – magica o poetica.
Nella sua attività comprensiva il counsellor deve essere capace di utilizzare risorse ai confini del razionale; la magia dell’ipnosi è quella chiave d’accesso al mondo di confine che le persone vivono nei momenti critici della loro vita. Il lavoro con gli stati mentali può diventare la soluzione di ogni problema; come “il nome della rosa, non è la rosa”, così la comprensione non è il capire, ciò che conta è stare insieme in quell’attimo, in quel momento, stare insieme all’altro, esserci, completamente liberi da ogni pregiudizio, in grado di condividere fino in fondo quello che sta avvenendo.
Potremmo definire il counselling un’arte, più che una competenza, ed è questo quello che desideriamo portare avanti con voi in questo cammino.
Come per i samurai, il percorso che faremo insieme sarà diviso in due aspetti: uno prettamente dedicato alla competenza tecnica del buon counsellor e l’altro speso per inquadrare la propria filosofia di vita, in cui collocare le competenze acquisite.
Divenire counsellor è una tappa di un percorso complesso, in cui si approfondisce l’idea di saggezza rispetto al proprio contesto di vita, umiltà rispetto alle proprie conoscenze e umana comprensione rispetto agli altri, non potendo prescindere dalla comprensione di sé.
Dal momento che la comprensione non si può ridurre in pochi termini, né si può spiegare con una singola disciplina scientifica, la comprensione diviene una “sinfonia” di sensi e significati; la comprensione del fenomeno umano noi lo registriamo attraverso l’ipnosi e le spiegazioni che ne diamo, in modo orchestrale, prendono spunto da contesti molto diversi.
Si tratta di sostituire un pensiero che separa, che distingue, che crea il particolare (pensiero differenziato), con un pensiero semplice, più in grado di far vibrare le corde dell’emozione, più lineare, irrazionale, infantile nella sua semplicità, che può essere il pensiero dell’amore, della condivisione, della vera compassione (pensiero indifferenziato).
In fondo il counsellor ha il compito di semplificare la complessità, non per ridurla e banalizzarla, bensì per permettere alle persone che vengono a contatto con lui, di giungere a quella comprensione che è la propria umana comprensione, dalla quale può scaturire la comprensione dell’altro.
Ciò che più conta, in fondo, non è dare grandi spiegazioni dei fatti della vita, né andare a cercare nel passato i motivi del nostro tentennare del presente; ciò che più conta è alleggerirsi del peso del problema, del limite, come della costrizione in cui ci si è cacciati, circondandosi di novità, arricchendosi di esperienze e mettendosi in gioco in prima persona.



lunedì, novembre 11, 2002

PRINCIPI DI OCCASIONALITA’ PSICHICA


di Marco Chisotti e Paola Sacchettino

La psicologia ontologica, rispetto al concetto di intenzionalità psichica, ci offre la possibilità di considerare l’intenzione dell’individuo nella sua essenza, al di là del concetto razionale attraverso il quale egli giustifica il suo agire.
E’ interessante notare come, dietro al concetto di intenzionalità, ci sia l’idea di una progettualità sviluppata dall’individuo nel corso della sua esistenza; torna però difficile spiegare questa progettualità in senso stretto, come percorso di vita.
Ci risulta più idonea l’idea di un’intenzionalità/opportunità psichica, dove l’individuo riesce, sì, a portare avanti una sua intenzione ma, al contempo, trovandosi a fare i conti con la casualità del quotidiano, si trova nella necessità di mediare le proprie intenzioni con le opportunità che non sempre collimano tra loro.
D’altro canto è difficile spiegare l’origine dell’intenzionalità in un individuo, se non partendo da un presupposto genetico/biologico o da un’idea trascendentale di carma o di predestinazione.
In questo caso ci troveremo a dover negare la possibilità di un libero arbitrio e, in un senso costruttivista, dell’essere artefici della propria vita.
Se, nella considerazione del modello costruttivista, l’uomo è artefice e responsabile della propria realtà, l’intenzionalità psichica non può che essere un processo adattivo, cioè a dire: “Descrivo un modo di agire solo dopo averlo esperito”.
La realtà viene ad essere oggettivata (fatta cosa), nel momento in cui l’individuo porta avanti le sue esperienze.
Ammesso che si possa ipotizzare l’idea di un’intenzionalità psichica nell’individuo, non si può prescindere dalla casualità in cui l’individuo stesso si trova a vivere le sue esperienze. Anche solo considerando l’intenzionalità psichica del mondo dell’altro, torna semplice ed ovvio fissare l’attenzione sul concetto di opportunità.
In sintesi noi consideriamo importante mantenere l’idea della presenza di intenzionalità nell’individuo; questa aumenta la responsabilità che ci giochiamo nelle esperienze di vita, ma introduce la presenza del caso e, dunque, l’occasionalità psichica come base principale all’adattamento.
Pertanto, richiamando il concetto di assimilazione e accomodamento di Piaget, possiamo considerare la possibilità di abbinare il concetto di intenzione con quello di occasione.
In questo caso per noi, l’intenzionalità è la forma (descrizione) e l’occasionalità è il processo (azione).
Allargando il discorso agli stati mentali, potremmo ipotizzare che l’individuo vive, nello stato di veglia, in comunione (comune – unione) con gli altri l’emergere delle opportunità che nascono dal caso, in un continuo principio di adattamento reciproco, mentre nello stato di trance vive e sviluppa la propria personale intenzionalità psichica.
La vita è vissuta attraverso le occasioni che quotidianamente s’intrecciano, in quel gusto per la vita che noi definiamo avventura. Ogni occasione porta con sé molteplici possibilità e altrettanti limiti, perché ogni opportunità ci obbliga a fare delle scelte e prendere delle decisioni in merito.
La decisione, a sua volta, è intenzione e, quindi, ogni evento casuale che affrontiamo ci apre ad opportunità di intenzionalità; in questo alternarsi di forma e processo vediamo corsi e ricorsi dell’intenzionalità/opportunità psichica.
Con l’ipnosi è possibile notare quanto l’individuo cerca strade che giustifichino l’esperienza che si trova a vivere.
L’esempio più forte in merito all’esperienza ipnotica è l’ipnosi regressiva. In tali circostanze la persona arriva a narrare la storia di un individuo, delle sue intenzionalità (volontà) e delle opportunità (caso), che gli si sono presentate e che ha colto o che ha voluto cogliere.
In ordine a quest’esperienza la persona, nel narrare la storia che emerge nel percorso di regressione, racconta molto più di sé di quel che può apparire.
Sono molte le situazioni in cui l’individuo stesso, dopo un’esperienza di regressione, coglie “strane coincidenze” con la propria vita attuale, tanto che potremmo definire il progredire della regressione il tentativo inconscio di dichiarare/dichiararsi la propria intenzionalità psichica.
In fondo non c’è nulla di meglio che fingere per poter essere dove la finzione, per la mente, sta nella narrazione e successiva identificazione. In quest’ottica la regressione temporale, attraverso l’esperienza ipnotica, non solo permette di sviluppare il proprio potenziale, di affrontare le opportunità che si vengono a disvelare nel corso della storia, ma sarebbe un vero e proprio meccanismo attraverso il quale l’individuo dichiara velatamente la propria intenzionalità psichica.
Dichiarando la propria storia, attraverso un personaggio di occasione, l’individuo si responsabilizza nei propri meccanismi di scelta e decisione; quindi crediamo che il narrarsi sia il meccanismo attraverso cui noi decidiamo e quindi agiamo le nostre esperienze, ma allo stesso tempo il meccanismo tramite il quale noi giustifichiamo le scelte stesse.
Da qui si evince la coincidenza tra intenzionalità e opportunità, nella stessa misura in cui la percezione nell’individuo coincide con il processo di proiezione – identificazione.
In questi termini è curioso notare come la necessità, spesso collegata al caso, coincida con la volontà; la volontà è libertà di scelta, ma la scelta implica una nuova assunzione di responsabilità.
Una delle più diffuse modalità di pensiero risiede nell’arte dell’interpretare: ogni occasione in cui ci troviamo ad interpretare, noi vestiamo l’opportunità (il caso) di intenzionalità (volontà).
Nella psicoanalisi, in particolare, tutto il lavoro terapeutico s’impernia sull’idea di causalità, che si avvicina molto a quella di intenzionalità.
Pur noi sposando il concetto costruttivista di responsabilità, e quindi di intenzionalità ad esso collegato, siamo convinti dell’idea che la vita è un’emergenza, cioè un emergere di circostanze occasionali che via, via si disvelano durante il nostro passaggio.
E’ qui che noi sottolineiamo la libertà che l’individuo si prende, anche sottoforma di rivincita, sull’intenzionalità.

lunedì, novembre 04, 2002

IPNOSI COSTRUTTIVISTA: LO STATO DELL’ARTE

di Marco Chisotti

Ormai lo studio dell’ipnosi si sviluppa in un contesto interdisciplinare; sono finiti i tempi in cui si cercava di spiegare l’uomo (ontologia) e le sue fenomenologie (azioni, comportamenti) solo attraverso un’unica disciplina.
L’ipnosi costruttivista è una dottrina antropo – socio – psico – fisio – logica, che spiega le fenomenologie partendo da cinque discipline filosofiche – scientifiche differenti: psicologia, medicina, cibernetica, costruttivismo e neuroscienze.
Ogni disciplina menzionata permette di comprendere un diverso aspetto di quelle che potremmo definire le regole di funzionamento, in senso ontologico, dell’individuo.
A - Gli aspetti più vicini alle Scienze Psicologiche riguardano in particolare:

1. La psicologia della Gestalt (psicologia delle forme). Importante il lavoro di Fritz Pearls, con il “gioco delle parti”: un individuo per strutturare un dialogo con se stesso, deve ideare un alter ego di riferimento al quale rivolgersi.
2. La psicologia dei costrutti personali di G. A. Kelly. Il suo presupposto principale è: “Noi siamo psicologicamente canalizzati dal modo in cui anticipiamo gli eventi”.
3. L’ontopsicologia, con il concetto di intenzionalità psichica: un’intenzione inconscia viene portata avanti dal soggetto al di là della sua razionalità.
4. La psicologia sistemica, con la concezione dell’individuo come parte di un sistema di individui di riferimento: famiglia, gruppo di pari, equipe di lavoro. Tutto ciò è soggetto a regole che vanno oltre la considerazione individuale della vita.
5. La psicologia comportamentale con gli studi di Pavlov sul condizionamento e lo sviluppo emotivo.
6. La psicologia evolutiva con gli studi di Jean Piaget sulla costruzione della realtà, da parte del bambino.

B – Gli aspetti impliciti delle Scienze Mediche riguardano:

1. Aspetti anatomo – fisiologici della struttura del cervello (come il SAAR – Sistema di Attivazione Reticolare).
2. Aspetti fisiologici del funzionamento neuro – psichico.
3. Aspetti funzionali della genetica.

C – Gli aspetti che riguardano le Scienze Cibernetiche comprendono:

1. Il primo principio della cibernetica, con il concetto di retroazione o feedback, sviluppato per primi da Miller, Galanter e Pribram, nell’unità TOTE (Test – Operate, Test – Exit).
2. Il secondo principio della cibernetica, con il modello di osservatore – osservato, dove ogni descrizione del reale è fatta da un osservatore, che non può prescindere da come è fatto per descrivere ciò che osserva.

D – Il Costruttivismo, una disciplina filosofica che alla domanda ”Cos’è la realtà, una costruzione o una scoperta?”, risponde “Una costruzione”. E’ una concezione dell’uomo, responsabile diretto ed indiretto, della sua vita. Il cervello dell’uomo è considerato un vero e proprio emulatore di realtà.

E – Le Neuroscienze, con gli studi sull’intelligenza razionale, soggetta al QI (Quoziente Intellettivo) e l’intelligenza emotiva, soggetta al QE (Quoziente Emozionale). Le Neuroscienze studiano la complessità del cervello e le sue funzioni emulatrici di realtà.

L’ipnosi è uno stato mentale complesso, che per essere compreso ha bisogno di una visione interdisciplinare, che sia in grado di spiegare aspetti fisiologici e psicologici, fino a giungere a considerazioni di ampio respiro, dove possano rientrare esperienze quali l’ipnosi regressiva.
E’ possibile annoverare l’ipnosi nella psicologia degli stati mentali, che sono di quattro tipi differenti:

1. Lo stato di veglia, caratterizzato da una massiccia presenza di onde b, ad alta frequenza, indici di un’attività mentale accelerata a circa 80 cicli il secondo (ogni ciclo corrisponde ad un’onda di connessione tra la neocorteccia ed il talamo, una sorta di scanner che rileva ad ogni ciclo lo stato dell’attività cerebrale e le sue eventuali variazioni).
2. Lo stato di trance o stato di ipnosi, caratterizzato da un’attività cerebrale ridotta a metà, di circa 40 cicli il secondo, con massiccia presenza di onde a.
3. Lo stato di sonno, caratterizzato da momenti di ridottissima attività psichica.
4. Lo stato di coma, con attività limitata alla sfera neuro – vegetativa.

Alla luce di tali considerazioni, legate al nostro modello di ipnosi costruttivista ed alla visione olistica dell’uomo che ne consegue, è possibile ipotizzare che le figure rappresentative di discipline quali ad es. la psicologia, la medicina, la biologia, le neuroscienze, ecc., dovranno necessariamente abbandonare la loro specificità, per abbracciare una nuova visione di insieme.
Nel caso specifico, il futuro psicologo sarà il saggio (filosofo/tecnico), il méntore; avremo sempre più bisogno di persone che sappiano guardare nell’insieme il “reale”.
Queste figure guida non si limiteranno più a sviluppare la loro competenza (visite mediche, consulenze psicologiche, terapie, ecc), bensì interpreteranno i segni ed i simboli che ogni singolo individuo porta con sé. La visione olistica dell’essere umano sarà la chiave di volta dei meccanismi di cambiamento e guarigione. Le terapie non si baseranno più sull’utilizzo di dosaggi farmacologici o prescrizioni medico – psicologiche, dove il paziente è spettatore della propria guarigione/cambiamento, ma su percorsi di ricerca spirituale in cui gli interventi si svilupperanno in armonia con l’ideologia di riferimento personale.
In tal modo il paziente non sarà più spettatore, ma attore protagonista, sarà rispettato nella sua totale integrità psicofisica.
Questa sarà la condizione che renderà possibile, anzi necessaria, la ricerca di una filosofia di vita che s’innesti nell’individuo con i mezzi che ha a disposizione; la semeiotica sostituirà sempre più il linguaggio, che sarà arricchito di forme di facile ed immediata comprensione ed utilizzo.
Gli scienziati hanno calcolato che, nel 2010, la conoscenza umana raddoppierà ogni 15 minuti. Se cos’ sarà, si aprirà un nuovo “Medio Evo culturale”, dove le tante figure specialistiche, scollegate tra loro, renderanno estremamente difficili gli approcci olistici e le visioni di insieme della vita.
Si renderà necessaria la nascita di una nuova figura guida, che potremo definire méntore.
Il méntore passerà del tempo con la persona e le trasmetterà modelli e formule da usare; la psicoterapia diventerà un apprendistato dove il terapeuta, movendosi e comportandosi come un “sacerdote”, per il quale il rito è sacro, permetterà un accesso diretto all’inconscio dell’individuo.
La vita sarà sempre più emozioni e volontà, sensazioni e percezioni. Provare qualcosa e collegarlo ad una spiegazione, ad un linguaggio (semeiotica) di riferimento, sarà il “catalogo” del vivere quotidiano; ad es. ci si rende conto quanto la moda, oggi, sia un codice di comportamento possibile.
Parleremo per come ci muoveremo, per come ci vestiremo, per come penseremo; tutto si unificherà in modelli globalizzanti, dove ogni scelta sarà dipesa dal nostro stile e filosofia di vita.
Queste nuove figure di riferimento saranno i “trainer” dell’anima (guide spirituali o méntori), di un’esistenza scelta e decisa, conseguenza di stabili e duraturi momenti di benessere e prosperità individuali.
L’identità diverrà un rifugio preciso e sicuro cui riferirsi. Ciascuno si percepirà, si riconoscerà e si utilizzerà, per essere percepito, riconosciuto ed utilizzato a sua volta.
In questa prospettiva, il percorso che vedo vincente è un percorso di crescita e cambiamento personale, che permette di stabilire entro se stessi un criterio di scelta e decisione. Nella mia visione di ipnosi costruttivista, le figure guida del domani saranno:

1. Il counsellor, un individuo che catalizza le scelte delle persone e aumenta le loro possibilità.
2. Il coacher, colui che accompagna, suggerisce percorsi, orienta la vita delle persone.
3. Il mentore, colui che traccia un percorso nella ragione e nelle emozioni. Vive in prima persona, “collauda” ciò che suggerisce e diviene il modello da introiettare, riferendosi al quale il soggetto potrà vivere, facendo riferimento ad un sé ideale, voluto e sentito.

Nel modello dell’ipnosi costruttivista, l’ipnosi costituisce il processo terapeutico, di cambiamento o di guarigione che sia, l’aspetto pragmatico nella relazione d’aiuto; permette di entrare in stretto contatto con quella parte inconscia di sé che costituisce l’intenzionalità psichica (quella volontà inconsapevole all’interno di ciascuno, che fa da guida).
Il costruttivismo costituisce la forma descrittiva del processo inconscio, quella firma che mettiamo alle azioni di cui siamo attori.
Questa è la nostra filosofia, che alla domanda “la realtà è un’invenzione o una scoperta?”, nuovamente risponde “Un’invenzione”.
A conclusione l’ipnosi costruttivista coniuga forma e processo, la descrizione della vita e l’agire in essa.
Tre fondamentali condizioni, nella nostra scuola di ipnosi costruttivista, tendiamo ad appagare:

1. Aumentare le possibilità di scelta di ognuno.
2. Spingere ad agire per conoscere.
3. Stimolare la curiosità per le novità.







giovedì, agosto 29, 2002

Attori si nasce persone si diventa. Chisotti Marco

Crescere è una necessità, cambiare e crescere è una necessità sociale, una necessità che ci guida a conquistare il senso di realtà, la realtà condivisa, non abbiamo bisogno di crescere, almeno mentalmente le persone non necessitano di cambiare e crescere in tutte le “metamorfosi” del caso, diventare “grandi” non è una necessità dal momento che culturalmente siamo guidati dal contesto che ci circonda a divenire una persona, il bambino è potenziale puro, cambiare è una delle possibilità, lasciarsi guidare dalla pura creatività è un'altra, divenire artisti è osare rimanere nel potenziale altamente indifferenziato, la crescita èun processo di identificazione, da un indifferenziato potenziale ad un essere differenziato ed al contempo identificato, l’essere umano è nel momento che diventa, culturalmente noi chiamiamo bambino una persona non ancora differenziata ed individualizzata, ma è la differenza tra un adulto differenziato ed un essere potenziale chee ci spinge a vedere un’identità in un bambino come in un adulto, in verità il bambino rimane un potenziale che ancora non si è espresso.

E’ più facile rimanere indifferenziati che differenziarsi in un identità che deve rimanere stabile nel vivere la sua vita, ecco il motivo per cui oggi giorno si cerca continuamente di essere protagonisti di tutto, esseri creativi ed indifferenziati, essere artisti, attori, il mestiere più semplice, il primo mestiere che si dimentica acquisendo un identità stabile e finita, il “mestiere” del bambino che cerca la propria collocazione, lo fa da professionista, anche se noi osservandone il comportamento dall’esterno soottolineiamo gli aspetti ludici del suo agire, il bambino non gioca, apprende e sperimenta, attiva un processo di differenziazione, attiva in se un’identità, diviene una persona, socialmente utile e culturalmente stabilito.

Vivere il proprio ruolo di persona, coi propri significati, la propria consapevolezza, la propria coerenza, alla fine di tale processo ci concediamo solo ciò che il nostro “essere” ci impone, l’imprinting culturale è un forte processo di identificazione a cui difficilmente possiamo sottrarci, per poterlo fare dobbiamo come accetare di rimanere in un amosfera anarchica, senza regole del gioco sociale a cui la maggior parte delle persone sottostà.

Oggi le necessità ed i bisogni si trasformano velocemente, culturalmente, almeno nel mondo occidentale, abbiamo molto meno bisogno e molta più volontà, l’erba voglio ci è donata e molta più libertà ci circonda, perché dunque differenziarci quando si può rimanere potenziali per tutta la vita, esprimere creatività pura, pure emozioni, l’emozione è potenziale puro, è uno scatenamento indifferenziato, mano a mano che ci si identifica si inquadrano i bisogni e le necessità, si chiudono porte e se ne aprono altre, poi non si cambia più per coerenza, senso e consapevolezza verso la propria persona, la propria identità.

Crescere e cambiare per necessità, per bisogno di un tessuto sociale che ci chiede di divenire noi stessi, (identificarci), e di rimanere per permettere ad altri di divenire a loro volta, una necessità dietro l’altra, fino a divenire i prodotti di una vita culturale e sociale.
Il bambino è un potenziale inespresso, che esprimendosi diviene un elemento utile e fondamentale alla vita di tutti, è più facile rimanere bambini che differenziarsi per divenire persone, attori si nasce, nel processo di apprendimento il bambino si immedesima con grande facilità fino a dedicarsi ad essere, persone si diventa e si rimane, questo processo culturale e sociale è semplice pur nascendo dal complesso, porta a stabilire e sviluppare un mondo possibile tra i tanti probabili, ogni scelta, decisione, possibilità è un atto di personalità, un inquadramento costruttivo di un mondo in divenire, il mondo è la conseguenza delle nostre esperienze che sono la causa, quando le nostre esperienze si ripetono uguali noi procediamo in un atto di differenziazione ed identificazione, noi creiamo un mondo disvelandolo, la vita è un processo di emersione da un tutto indifferenziato e possibile ad un punto d’aggregazione voluto.