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venerdì, marzo 21, 2008

Cosa crediamo.

Viviamo la nostra cultura, siamo parte di essa, l'umanità, per come la conosciamo, non esisterebbe senza cultura, ma noi non ci accorgiamo di quanto ne facciamo parte, rispondiamo ad essa come ad un programma da cui difficilmente ci possiamo sottrarre proprio perché fa parte di noi, della nostra vita, del nostro pensare, ragionare, scegliere, decidere.

Così viviamo con una consapevolezza viziata da luoghi comuni, ipotesi dannose, criteri fasulli, ma è un prezzo che dobbiamo pagare per avere legami ed affetti, la forza dei pari, del gruppo, l'aiuto, la solidarietà, e quant'altro.

Ogni organizzazione pur partendo da basi semplici, nell'intento di favorire i risultati che si raggiungono, perde rapidamente la sua funzione iniziale divenendo via via più complessa. Il motivo di tale trasformazione è da ricercarsi nel lavoro dei singoli individui che concorrono al suo mantenimento, appartenendo questi ultimi a sistemi che tendono a complissificarsi, venendo a contatto con realtà più più semplici, quali l'organizzazione da loro creata o gestita, con l'andar del tempo la rendono sempre più complessa, dimenticandone in fondo la sua funzione originaria semplificatrice.

Il rischio della complessità è un rischio diffuso, legato alla semplice organizzazione interna della nostra identità, prova ne è il fatto che per non cadere nel tentativo di rendere complessa la nostra organizzazione, accediamo ad un senso comune condiviso che mantiene in noi un minimo comune denominatore all'insegna della semplicità.

Rispondere alla cultura in cui si è nati è dunque importante per mantenersi in comune intesa su come orientarsi nella propria vita. Voglio prendere a prestito un pensiero semplice ma ben articolato, per come l'ho percepito, e senza addentrarmi in merito lo accenno brevemente per chi ama la semplicità come me. "La scoperta consiste nel vedere ciò che tutti hanno visto e nel pensare ciò che nessuno ha pensato" ci è suggerito da Szent-Gyorgy, l'ipnosi è sostanzialmente un lavoro di questo tipo, scoprire il possibile cambiamento per le persone, anche se è più corretto parlare di costruzione del cambiamento, va cercato dove tutti possono guardare, ma solo pochi riescono a vedere. Il pensiero del terapeuta va di solito dove le persone non son state capaci ad andare.

E' per questo motivo che l'ipnosi serve per cambiare, cambiare le abitudini, cambiare i pensieri, le idee, i luoghi comuni, far notare i limiti per dare nuove opportunità, abbassando la critica ci permette di apprendere nuove dimensioni di pensiero, nuove esperienze, dunque nuove relazioni possibili. Oltre a questo il lavoro con l'ipnosi sviluppa il potenziale mentale delle persone, mettendole nella condizione di sviluppare più facilmente il proprio cambiamento.

Ora, per entrare in merito alle struttura delle nostre credenze, e dei meccanismi attraverso cui le formiamo, guardiamo il mondo dell'ipnosi, considerandola come l'esperienza principale in grado di declinare gli stati mentali di una persona, al pari del mondo magico, trae i suoi limiti dai limiti della mente stessa, così è possibile vedere in questi 4 punti cosa succede al contempo nella mente e nell'intelligenza umana, per cui il nostro sistema di credenze si struttura:

La mente umana ha l'incapacità o la grande difficoltà di fare tesoro dell'esperienza ed imparare dai propri errori, ogni nuovo individuo ha bisogno di farsi le sue esperienze, che divengono così le sue relazioni con l'esterno, codificando i propri credo, mano a mano che tali esperienze gli “causano” il mondo.

L'intelligenza umana ha come l'incapacità o la difficoltà di modificare i propri schemi mentali, in funzione delle novità incontrate. L'intelligenza tende a mantenere uno status quo, un omeostasi interiore, un equilibrio che non deve modificarsi, dunque qualunque cambiamento di credenze può avvenire solo gradualmente, ci vogliono almeno 4 mesi perché avvenga un modellamento delle nostre strutture neuronali che hanno appoggiato, nella vita dell'individuo, un cambiamento in atto.

La mente umana ha l'incapacità o la grande difficoltà di discernere i veri presupposti, problemi e criteri di giudizio da quelli falsi, raccogliendo una inutile mole di dati di riferimento. La mente tende a gestire la quantità, in un principio di economia è più semplice da gestire, che non la qualità, più impegnativa da amministrare. L'intelligenza concreta, la più antica forma intelligente, ha sempre gestito grandi quantità di elementi, non curando i dettagli, valutando l'insieme, con l'intelligenza astratta, un tempo esperienza eletta, elaborata all'interno delle tribù solo da alcune persone designate come sciamani, sacerdoti, stregoni, si è cominciato a porre attenzione a dettagli e conoscenze sempre più particolari.

L'intelligenza umana ha l'incapacità o la grande difficoltà di concepire mezzi adeguati ai fini, ricordare i fini nell'uso dei mezzi, e distinguere cause finali da cause efficienti, il risultato è un accumulo di credo orientati a sostenere, o favorire, certe esperienze accumulate in passato e mai messe in discussione.

Approfondendo i meccanismi coi quali costruiamo i nostri sistemi di credenze, dal lavoro di Miller, Galanter e Pribram, autori di “Piani e strutture del comportamento”, tra i primi ad interessarsi della costruzione teorica del concetto di feed-back, emerge che con l’ipnosi si ha qualcosa di simile al sonno profondo: il soggetto elimina il proprio linguaggio interno col quale elabora normalmente i suoi Piani d'azione e a questo subentra la voce ed il Piano dell'ipnotizzatore.
Così anche nel lavoro di Weitzenhoffer emerge questa incapacità, o comunque la difficoltà a parlare dei soggetti in stato di trance già a livello medio oltre che profondo.

L'esperienza ipnotica mette in luce come tutti i sistemi di apprendimento che costituiscono le nostre esperienze, come, in particolare, i quattro livelli che vengono attivati in un sistema educativo rivolto alla crescita o al cambiamento di una persona:

1. Caricamento nell'individuo di un programma, che viene proposto come base da cui partire, il programma si presenta come un piano coerente e completo di comportamento, al quale l'individuo viene instradato, quasi sempre come unica soluzione, al massimo son presentati più programmi, identici nella sostanza, in grado di generare un illusione di scelta.

2. Viene dato un feed-back positivo dove sono premiati tutti gli atteggiamenti in linea con il programma, così vengono dati riconoscimenti diretti ed indiretti a chi si allinea col piano programmato, non ultimo livello di incentivo è l'adeguamento al gruppo, un forte somiglianza coi pari, ricercata dal singolo per essere accettato, ed entrare in assonanza col gruppo, al contrario non rimane che la dissonanza, difficile da mantenere nel tempo .

3. Viene dato un feed-back negativo dove vengono puniti direttamente o indirettamente atteggiamenti non in linea coi piani proposti, l'isolamento e l'emarginazione dal gruppo dei pari è solo uno degli esempi di pressione all'uniformismo.

4. Vengono poi censurati i piani alternativi al programma proposto, ogni iniziativa personale creativa viene disincentivata, solo poche proposte alternative sono accettate e nel tempo integrate nel programma.

Ed eccoci tornati alla cultura, la struttura da cui siamo partiti è anche il punto d'arrivo, la cultura come conoscenza ci impegna, obbligandoci a prenderla in considerazione, il più delle volte ne siamo influenzati senza poterci accorgere dell'esperienza stessa, dando per scontato o pensando “così fan tutti”. Cosa crediamo è una condizione essenziale per comprendere chi siamo, noi siamo quello che crediamo di essere, e questo sistema di credenze è parte del nostro cervello evoluto, parte della neo-corteccia, gerarchicamente controlla i nostri sensi, la nostra volontà, i nostri desideri, si potrebbe pensare che non ha antagonisti, non ha rivali, ma per nostra fortuna non è proprio così.

Sebbene ciò che crediamo è parte essenziale dei nostri meccanismi decisionali e selettivi, esiste almeno un'altra parte in ogni individuo che la pensa diversamente, se non fosse così l'uomo sarebbe, di per sé un robot, asservito ai credo collettivi. Esiste uno spirito in ogni essere umano, oltre all'anima che, lo dice la parola ci anima, e ad un corpo, che ci permette di interagire con la materia esistente, uno spirito che potremmo pensare trasversale all'esistenza individuale, vale a dire che usa l'esistenza individuale, a carattere verticale, per continuare trasversalmente la sua esistenza. Questa nostra parte spirituale, interagendo con la coscienza dell'individuo, è in grado di influenzare il il sistema stesso di credenze del singolo individuo, accrescendo o riducendo il suo impatto nella vita, e così il comportamento finale di un individuo, ma questa è un altra storia e dunque ce la riserviamo per una prossima puntata, dal momento che ci porta nel vivo delle nostre esperienze con l'ipnosi regressiva.

venerdì, marzo 14, 2008

L’ipnosi regressiva e la mente complessa.

Lavorare con la mente umana è sempre una straordinaria avventura, non sai mai cosa si può disvelare, e questo anche dopo 20 di attività clinica, anzi potrei dire che il fascino, grazie all’esperienza dell’ipnosi, ed in particolare con l’ipnosi regressiva, è aumentato a dismisura.
Il mio problema è sempre stato la veridicità di un esperienza come la regressione ad ipotetiche vite precedenti, e l’ho risolto focalizzando la mia attenzione su un’altra esperienza che si manifesta anche nelle menti più semplici, l’esperienza della complessità.
Il cervello umano è estremamente complesso ma nella maggior parte delle esperienze si misura con un intelligenza di tipo concreto, quella che accompagna le esperienze di un bambino nei primi 10/12 anni circa della sua vita per intenderci, non essendo implicato in relazioni complesse, e dovendo unicamente rispondere delle operazioni rutinarie legate all’esistenza.
Ma la vita culturale nella quale siamo impegnati ci porta inevitabilmente a complessificarci, ci troviamo quotidianamente a contatto con strutture complesse, come la fitta rete di relazioni in cui siamo implicati costantemente, e chi conosce la teoria del sociologo Luhmann sa che ogni struttura semplice, individuale o sociale, se posta vicino ad una struttura complessa tende a complessificarsi a sua volta.
Siamo figli delle stelle .... diceva una famosa canzone, più complessi di così, le nostre “nobili” origini reclamano voce, così non ci basta più, almeno per l’uomo occidentale, di saper che veniamo dalla terra, vogliamo di più, vogliamo una storia che giustifichi, alle volte consoli, comunque avvalli le nostre “nobili” origini.
Così credo si stia affermando un diritto, quello di pensare d’essere d’origini lontane, e fin qui il nostro DNA non può esser smentito, possediamo parti della struttura, all’interno del DNA stesso, che derivano da uomini e donne nati anche 10.000 anni prima di noi, e tendiamo a tradurre questo fatto innegabile ricercando il “parente nobile” del caso, come disse un famoso giornalista, il nostro destino, e lo facciamo richiamando in noi l’idea di storia. C’ un aneddoto raccontato da Gregory Bateson nel suo libro Mente e Natura, Adhelfi 1979, che aiuta ad entrare nell’ordine di idee della complessità:
“Un uomo voleva sapere cos'è la mente, ma non nella natura, quanto nel suo personale, grosso computer. Così gli chiese (nel suo miglior linguaggio di programmazione, naturalmente): "Tu calcoli che sarai mai come un essere umano?". La macchina si mise subito al lavoro, analizzando la propria struttura intrinseca. Alla fine, come è costume di queste macchine, stampò la risposta su una striscia di carta. L'uomo si precipitò a prenderla e trovò, nero su bianco, le parole: QUESTO MI RICORDA UNA STORIA.”
Noi viviamo, pensiamo, capiamo, impariamo attraverso storie, abbiamo costante bisogno di andar oltre al caso, per spiegarci la nostra personale esperienza di vita, e questo ci fa star bene, ci fa realizzare, ci fa sentire vivi, è fondamentale per l’esistenza stessa.
Avrete compreso dal mio discorso che non posso entrare in merito sulla veridicità di un esperienza di ipnosi regressiva, ne desidero farlo, ne sarei mai in grado di farlo, ma di un fatto son certo, la vita stessa è una storia, non importa come viene raccontata, da dove arriva e dove porta, la storia è conoscenza, e la conoscenza ha una particolarità, quella di non lasciarci indifferenti, la conoscenza “obbliga”, la storia che ci raccontiamo della nostra origine è conoscenza, come tale impatta sulla nostra esperienza, sulla nostra vita, in modo straordinariamente forte.
Dunque il problema non è da porsi sulla condizione di vero o falso, ma su quale storia varrebbe la pena raccontarsi, qui il lavoro di un buon professionista in relazioni d’aiuto, che sia in grado di usare l’ipnosi, entra in merito e permette di far luce su questa esperienza.
Incrociare il proprio destino col destino di persone che, prima di noi, han dato spazio alla loro vita permette di andare oltre l’ovvio e scontato tran tran quotidiano. Permettersi una storia vuol dire comprendere ed avere consapevolezza di altro, oltre al semplice lavoro della nostra intelligenza concreta, di un mondo astratto nelle sue funzioni elevate, un mondo che no si limita all’anima, da animus azione, ne al corpo fisico, ma ambisce a considerare lo spirito, quella parte dell’essere umano che non si limita al tempo presente, quella parte che trascende l’individuo stesso.
Non voglio però addentrarmi in un ambito che non è strettamente di mia competenza, semplicemente ritorno alla complessità, a cui nella società attuale come abbiamo visto siamo soggetti, e ritengo che l’unica esperienza umana in grado di declinare il verbo ”complessità” sia la narrazione, il raccontarci una storia.
Così ecco compreso il fenomenale momento dell’esperienza regressiva, un momento ricco di tutta l’intelligenza della persona, dedicata a trovare o ritrovare se stessa, nella storia di qualcuno che prima di noi ha affrontato la sua vita come noi, con speranza, illusione, dedizione, fiducia, timore, paura, gioia, felicità, con tutte quante le emozioni umanamente possibili, restituendocele sotto forma di trance ipnotica, come un sonno dove un sogno ci guida, un sogno che ascoltiamo dal nostro profondo, un sogno che parla di noi, di quel che è stato ma soprattutto di quel che sarà.
Potrei continuare ma al momento mi fermo qui rimandando curiosi ed interessati a provare l’esperienza dell’ipnosi, ad uscire fuori dalla barbarie dei luoghi comuni sull’ipnosi, ed usare la loro intelligenza in un modo creativo, oltre che utile e funzionale, a costruire in modo nobile le origini del proprio IO oltre ai limiti della conoscenza accademica verso lo spirito che anima il nostro corpo.