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giovedì, agosto 26, 2010


Oggi gli articoli in Rss
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Comunicazione e cambiamento.




La comprensione di un messaggio comunicativo necessita di tre elementi
fondamentali: contenuto, contesto e intenzione (dell'interlocutore).
Per i primi due elementi non c'è difficoltà a comprenderne il
significato. Il contenuto è indispensabile, considerando che può
essere un contenuto non verbale che va dunque ulteriormente
interpretato, ci porta l'elemento del contendere, il messaggio.
Il contesto è fondamentale per l'interpretazione del messaggio stesso:
senza il contesto non è possibile esser sicuri del significato, dal
momento che le parole spesso portano con sé valori e significati
differenti, anche solo per il tono con cui vengon espresse.
Quello che ci risulta in parte nuovo e in parte ancora poco chiaro è
l'intenzione, il senso di questo elemento infatti è più complesso di
quanto appaia.
Nel considerare l'intenzione dobbiamo considerare l'elemento "io",
cioè a dire il soggetto portatore della comunicazione. Se partiamo
dall'idea che l'identità di una persona coincida con la sua coscienza,
il piatto è pronto. Basta domandare e vi sarà detto "Qual è la tua
intenzione?" E la persona ci dirà le sue intenzioni. Ma la persona non
si compone di una semplice unità, noi sappiamo che la coscienza è un
composto di intenzioni distribuite in parti differenti della sua
mente, considerando la mente come un puzzle di parti del cervello la
cui massa critica costituisce il nostro livello di coscienza.
L'intenzione, noi sappiamo bene da come le neuroscienze ci mostrano,
sono spesso ad un livello differente da quello della coscienza di cui
abbiamo una diretta consapevolezza. Il lavoro stesso che si fa nelle
relazioni d'aiuto va spesso a ricercare il significato profondo
presente nella persona, quegli elementi dell'identità che la
compongono creando il senso di un'intenzione in parte conscia ed in
parte inconscia. Nel momento in cui entra in gioco l'inconscio si
comincia a costruire una rete neuronale che collega parti della mente
fino a quel momento non collegate tra loro, si forma un nuovo stato
mentale e da qui una nuova identità possibile.
A questo punto appare chiaro che ciò che consideriamo vero in noi è
più frutto di presupposti implicati nell'operazione mentale in atto
che non frutto di una volontà unica. La volontà è piuttosto uno stato
mentale che porta ad emergere, elicitare, un'intenzione tra le tante
possibili. Noi agiamo e reagiamo sull'emergere di un'intenzione che in
questo momento domina sulle altre.
Il lavoro col proprio inconscio, da pratica utile ai fini terapeutici
diviene fondamentale elemento d'equilibrio per considerare i
differenti livelli, o meglio i differenti presupposti che compongono
il nostro essere. Senza la presenza consapevole del nostro
interlocutore interno non è possibile parlare di dialogo e senza
dialogo, dialettica, non ci sono né osservatore né osservato, non c'è
un soggetto cosciente, non c'è una chiara intenzione.
Il lavoro nel costruire l'inconscio, una parte interiore del nostro
essere, permette di aumentare la consapevolezza e crea un'identità
differente, la possibilità di uscire da molti luoghi comuni in cui ci
troviamo legati, impossibilitati ed esser diversi. Cosa succede in una
persona quando produce un cambiamento? Alla luce di quanto ho esposto
si crea un dialogo interno diverso, parti del cervello si relazionano
in modo differente, certe priorità si impongono su altre, certi
presupposti si impongono su altri. Un uomo di 100 anni fa era diverso
da un uomo d'oggi. Perché? Altri equilibri nella sua mente, altri
dialoghi interni e diverse parti di sé, altri presupposti in gioco,
diverse intenzioni. Creando l'inconscio permettiamo alla persona di
accelerare un processo di cambiamento generando nuove possibilità di
essere, nuovi collegamenti tra parti della sua mente. Un nuovo
equilibrio interno, un diverso stato mentale implicato, una diversa
identità. La comunicazione è una relazione tra parti, quando è esterna
è in relazione con altri individui, quando è interna è tra due o più
entità interiori di riferimento. Molto spesso il dialogo interno è
però limitato, il nostro interlocutore interno non è dalla nostra
parte, non è nostro alleato, è una voce distruttiva, una coscienza
negativa, o quant'altro si possa incontrare.
Creare, costruire strutture interiori, come l'idea dell'inconscio,
permette di organizzare la mente, permette di aumentare la
consapevolezza, creare nuovi equilibri interiori tra le parti che
compongono la nostra mente, tra aree diverse del cervello, permette di
creare un nuovo dialogo interno, ciò che vien usato attraverso il
dialogo delle parti, crea e costituisce nuove intenzioni, nuovi
presupposti. Il cambiamento viaggia attraverso la comunicazione
interna ed esterna degli individui, l'intenzione è ciò che emerge
dall'equilibrio delle parti che entrano in gioco nella nostra mente.
Per comprendere l'intenzione, e dunque il significato di una
comunicazione, è necessario avere un dialogo che permetta di far
emergere gli equilibri presenti all'interno dell'interlocutore, si
deve aggiungere un alleato interno che favorisca tale comprensione.
Se si vuole aiutare una persona la si deve mettere nella condizione di
usare le proprie risorse interiori, aumentando le sue possibilità di
scelta, e lo si può ottenere attraverso un'azione operata dalla mente,
con un dialogo differente, con parole differenti, relazioni
differenti, pensieri differenti. Si ottiene un cambiamento attraverso
parole e pensieri, le preghiere che sono parole e pensieri ripetuti,
son innesti nella struttura cognitiva della persona, agiscono
coordinando nuove connessioni tra parti della mente, nuovi equilibri,
nuovi pensieri e sensazioni.
Aiutare vuol dire, per chi si interessa di relazioni d'aiuto,
comunicare, creare nuove relazioni, aumentare le possibilità di
scelta; lavorare con i contenuti, comprenderli, capirli; lavorare sui
contesti personali, familiari, sociali, culturali, analizzarli,
considerarli. Aiutare vuol dire prendere in considerazione le
intenzioni presenti, quelle consce e quelle inconsce, permettendo così
di comprendere, assieme al comunicatore, il reale significato profondo
della comunicazione presente. Così non è possibile comprendere un
messaggio senza metter in gioco l'organizzazione della mente
dell'individuo, nel suo stesso interesse, permettendogli di
comprendere il peso delle sue reali e profonde intenzioni. Per far
questo bisogna creare il dialogo possibile che mette in luce ed in
gioco la relazione tra le parti della mente. Il dialogo con
l'inconscio, il dialogo tra le parti e le preghiere costruite con il
soggetto son gli strumenti principali. Il risultato che si ottiene è
un cambiamento dei presupposti della persona, nuovi equilibri nelle
relazioni interne (mondo interno) ed esterne (mondo esterno) in
gioco.

Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
Cell. 3356875991
Tel. 0119187173
http://www.chisotti.com
http://www.aerf.it
http://www.ipnosicostruttivista.it

Inviato da iPad

martedì, agosto 24, 2010

Cos'è la coscienza? Uno stato mentale.

Cos'è la coscienza? È uno stato mentale!

Forse è semplicemente una tautologia la mia, ma entrare in merito dello
stato mentale mi permette di fare delle ipotesi operative che
permettono di lavorare sulla mente. Ogni intervento di psicoterapia
lascia adito ad interpretazioni diverse senza poter mai dare spazio ad
un'unica prospettiva operativa, senza dunque riuscire a dare dei
riferimenti su come operare.
Ciò che si afferma è che i risultati delle psicoterapie son favoriti
dalla relazione e non dalle teorie sottese. Costruire una buona
relazione permette di accettare l'altro riconoscendone il ruolo e la
presenza, riconoscendogli la possibilità di partecipare in modo attivo
alla mutevole posizione interlocutoria, nel momento che si condivide
con la relazione uno spazio mentale ci si comprende, ci si capisce e
si accetta di guidare ed esser guidati durante il colloquio, la
collaborazione, in una condizione in cui entrambi gli individui hanno
chiaro il proprio ruolo e si distinguono, e si intendono
vicendevolmente.
Quello che mi piace pensare è che abbracciando l'idea che la coscienza
individuale sia data dal lavoro della collaborazione ed intesa di
parti della mente delegate a sovrintendere competenze differenti,
nell'intesa che emerge in una buona relazione è come se le parti del
cervello di entrambi gli individui si unissero creando una mente unica,
il cui lavoro effettivamente arriverebbe ad ottenere un incremento del
lavoro di una mente unica, dove le doti e le qualità, le risorse e le
opportunità di entrambi le menti potessero unirsi e formare una
coscienza funzionale ed operativa diversa, in grado di superare,
migliorare, compensare limiti, carenze, restrizioni della mente
singola, e mantenere in un secondo tempo l'"impronta" ottenuta per
continuità, come se lo spirito emulativo della mente nuova ottenuta
prendesse a guidare il soggetto sostituendosi all'attività mentale
precedente.
Per fare un esempio concreto. Un individuo porta con sé una coscienza
che emula in sé il presente, il passato ed il futuro, porta con sé una
coscienza del presente data dalle sue relazioni stabili, continuative
e contingenti, i ricordi di un passato in cui erano presenti altre
relazioni con altra coscienza di sé e della propria vita, ed un futuro
possibile, con una coscienza aperta a possibilità di nuove e diverse
relazioni con la vita e con gli altri. La massa critica che si
raggiunge in questo equilibrio è ciò che noi portiamo con noi stessi,
ciò che ci rende possibile di essere e ci impone di essere al tempo
stesso. In una relazione terapeutica si cambia la Massa critica e la
"buona" relazione permette che si vedano e sentano le possibilità
operative e funzionali che si erano perse, come prese a prestito
dall'altra identità cosciente, operando così un cambiamento che
comincia a dare i suoi frutti.
Ora vediamo cosa può portare questo ragionamento dal punto di vista
pratico, a cosa si deve puntare per operare in modo costruttivo
attraverso la coscienza dell'altro, delle sue necessità, delle sue
differenze, delle sue possibilità.
Prendiamo l'esempio di un legame
d'amicizia, o un legame affettivo. Ciò che passa nell'accettare
l'altro è molto, si cambia tanto frequentando chi si stima o si ama,
il cambiamento è sottile e quando ci si ritrova spesso si prova la
sensazione di vivere in un altro mondo, cambiano gli equilibri della
coscienza della mente, ci si sente magari leggeri, tranquilli,
fiduciosi, in un mix di sensazioni appaganti che ci restituiscono
l'equilibrio. Sentiamo, diciamo, pensiamo parole che non usiamo
spesso, che non conosciamo magari neppure, ma che poco per volta
modificano il sottile equilibrio della nostra coscienza, ci sentiamo
diversi, ci sentiamo meglio.
Strano ma vero è così che credo operi il lavoro terapeutico: si
sviluppa una piacevole e profonda relazione in cui la nostra coscienza
si modifica, cambiando gli equilibri della nostra mente si modificano
tutti gli equilibri presenti, dalla nuova coscienza emerge un nuovo
essere, un nuovo esser stato, e sopratutto un nuovo poter essere,
nuove opportunità, nuove azioni, nuove percezioni, che aumentano le
nostre possibilità di scelta, stimolando nuove azioni della mente,
nuova attività mentale, nuova coscienza di sé e degli altri, migliori
adattamenti, maggior libertà o così via nel ciclo della vita.
Ciò che mi sembra che emerga dal mio ragionare è una ricerca di ciò
che rende funzionale, utile e ricercata una relazione positiva con
qualcuno, d'amicizia, affettiva, o d'utilità che sia, e portarla nella
relazione terapeutica, considerando dunque di partire dalle proprie
doti e qualità umane che ognuno porta con sé fino a valutare ciò che
si cerca e ciò che si trova negli altri, in quel sottile equilibrio
che viviamo continuamente nella nostra coscienza quotidiana. Il tutto
per portarlo nella relaziona funzionale ed operativa della relazione
d'aiuto, il tutto ricordando naturalmente i presupposti fondamentali
del mio discorso e cioè che l'attività mentale genera necessariamente
uno stato di coscienza, che lo stato di coscienza è uno stato
ipnotico, e la relazione è frutto d'una esperienza di trance
condivisa.


Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
Cell. 3356875991
Tel. 0119187173
http://www.chisotti.com
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http://www.ipnosicostruttivista.it

Inviato da iPad

lunedì, agosto 23, 2010

Luci ed ombre del costruttivismo.

Alla luce ed al buio del costruttivismo.

Sento sempre d'essere ben accompagnato dal processo costruttivista,
sento di poter dare le giuste risposte ad ogni quesito, sopratutto di
non ecceder in spiegazioni limitanti ed appassionate che persuadono o
addirittura suggestionano più che convincere.

L'idea che la realtà è prima d'ogni cosa frutto personale di chi la
esperisce è semplice da comprendere ma difficile da accettare,
sopratutto non si vuole accettare le conseguenze di tale concetto,
accettare la limitatezza dell'esperienza sensitiva, noi pensiamo e
viviamo costantemente entro il nostro stato mentale difficilmente ne
dubitiamo, difficilmente lo confutiamo, per farlo dobbiamo negarci
l'unica esperienza che in fondo possediamo l'idea di noi stessi, la
nostra identità.

Così non potendo sfuggire alla logica costruttivista, i fatti di cui
si circonda l'esperienza dell'ipnosi, m'addentro a dire di trovarmi
spesso dinnanzi ai miei limiti, i confini del mio stato mentale, in
base a come mi sento sono ed è così anche attorno a me, ciò che
percepisco è strettamente legato al mio stato mentale, alla logica di
quel mondo da cui dipendo per poter esser me stesso.

Riconosco che il pensiero costruttivista ricorsivo risulta sempre
difficile, o meglio di difficile applicazione, non potendo uscire dal
mondo (stato mentale) in cui mi trovo, ogni esperienza dipende da un
osservatore, non posso prescindere dal mio essere per dire, sentire,
pensare, percepire, interpretare o capire, non poppo prescindere da
come sono.

Una volta che si comprende il concetto che porta con se l'esperienza
della realtà, per quanto mi riguarda si comprende l'idea
dell'osservatore ed osservato, non essendoci una posizione migliore
d'un altra in assoluto, non rimane che decidere il contesto entro il
quale il tutto si dispone, ed è all'intenzione che dobbiamo arrivare
per comprendere dove porta la notizia, l'informazione, l'idea.

I presupposti del nostro vivere custodiscono la nostra intenzione, non
sempre frutto cosciente, spesso prodotto inconscio dietro le nostre
scelte, le decisioni, i comportamenti, viviamo costantemente in un
equilibrio di scelte e "pulsioni" inconsce, ma è alla volontà a cui
diamo meriti e colpe, il prodotto finale di un complesso flusso di
azioni mentali.

La coscienza ci inganna, facendoci credere, sentire, esperire
continuamente l'idea, il pensiero come un fatto, lo sento, lo vedo
quindi è vero, dimenticando il complesso articolarsi degli stati
mentali sottesi ad ogni attività della mente, senza entrare in un
dominio di tipo filosofico posso dire d'essere senza menzionare quando
e/o dove, o quanto, o senza implicare ripeto a cosa, a chi, e senza
cadere in un interpretazione dissociativa in cui parlo di me in terza
persona? Non è possibile!

Viviamo costantemente in uno stato di trance dal momento che siamo
soggetti costantemente a focalizzarci nel tempo e nello spazio,a
quantificare oltre che qualificare le nostre sensazioni, ad implicare
ed implicarci in pensieri, concetti, ragionamenti "superstiziosi" del
tipo causa effetto, e siamo costantemente dissociati in altro dal
quell'io da cui partiamo.

Senza renderci complicato un delicato pensiero di trance, siamo
costantemente in uno stato mentale che produce in noi l'idea stessa,
dunque lo stato mentale che lo produce. È altamente ricorsivo il
nostro vivere, non c'è da stupirsi che si possa dare in escandescenze
quando gli equilibri del nostro vivere si alterano, ieri, tanto per
fare un esempio, tornato da un viaggio di 500 km nel manovrare in
cortile la macchina ho strisciato quella di mio padre senza neppur
accorgermi ne sentir rumore, così da rendermi conto di quanto la
percezione possa esser distratta o deviata dal contingente, da stimoli
e sensazioni dimenanti, o concentrazioni protratte o quant'altro, così
viviamo quotidianamente in un'identità (stato mentale) che i sui
limiti e le sue possibilità ma i cui confini spesso son persi di vista
assieme alla logica, al buon senso, al buon pensiero, alla
comprensione .....

Non so ben da dove son partito ma torno alla coscienza, quella che mi
ritrovo, ai suoi confini, alla sua esistenza, sono la coscienza che
penso di essere, sono confinato nella coscienza che dichiaro,
confronto, vivo costantemente, ma sono anche nel flusso delle trac e,
stati mentali da cui dipendo, sono in una costante idea del mondo,
della vita, del reale di cui ho bisogno e da cui dipendo
costantemente, così rimango in attesa di un comprendere, conoscere,
capire più esteso di quello da cui son partito.

Una buona fine estate a chi è rimasto ad ascoltare il proprio mondo
sincronizzandolo al mio!

Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
Cell. 3356875991
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