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giovedì, dicembre 31, 2015

"L'ascoltatore e non il parlante determina il significato di questo, un'asserzione, di un utterance".

"Per esser divertenti bisogna prima pensare con tristezza."
Georges Feydeau
"L'ascoltatore e non il parlante determina il significato di questo, un'asserzione, di un utterance".
Heinz von Foerster
Marco Chisotti. 
Credo si percepisca per differenze, che si ragioni pure per differenze, e che le ricerche scientifiche, attraverso le Neuroscienze in particolare, ci insegnano che l'homo sapiens si distingue dagli altri animali per lo sviluppo di una parte frontale del cervello (lobo frontale) adibita ai processi cognitivi, al pensiero e alla manipolazione di simboli e significati. L'ipnosi agisce sostanzialmente su parti antiche del cervello, il cosiddetto cervello rettile, parti del cervello mammifero, emozioni e memoria, ed una sola zona della neocorteccia, direttamente implicata nell'attività ipnotica, la zona del lobo frontale, curioso che proprio l'ipnosi crei sinergie e collegamenti tra funzioni così diverse e lontane tra loro del lavoro del nostro cervello.
Credo che la maturazione ontologica del cervello umano prosegua attraverso un processo stocastico di prova ed errore e che attività meditative come l'ipnosi stimolino la crescita cognitiva in una direzione dove il nostro cervello sviluppa abilità non solo creative ma anche di analisi e sintesi del pensiero e della coscienza dell'essere umano, queste attività sinergiche e di collegamento di parti diverse del nostro cervello hanno dato origine nei secoli a tutti quegli eventi e prodotti intellettuali che vengono tematicamente raggruppati e affrontati in discipline come storia, filosofia, letteratura, le scienze ecc. Ritengo che la nostra capacità di riflettere su un concetto o analizzare un problema e trovare soluzioni sia un prodotto secondario, un effetto collaterale dell'attività di «collegamento» e maturazione di parti differenti del nostro cervello, arrivando ad associare idee in modo innovativo, come un potente strumento intellettuale e cognitivo. Siamo più frutto dell'inaspettato procedere stocastico che non frutto di un «disegno» particolare, l'unire i puntini porta un disegno
L'attività del pensare non credo sia una attività teleologica, sia piuttosto stocastica, ed i pensieri non son commessi unicamente da processi causali, son più processi casuali indicizzati in ragionamenti e pensieri che nella loro essenza risultano coerenti ed orientati.
Penso che l'interfaccia cognitiva logica a cui siamo abituati a rispondere, la nostra «coscienza», sia solo la facciata di una complessa, articolata, discontinua attività mentale costituita da operazioni mentali sparse e poco allineate ad un principio di coscienza individuale, ma piuttosto orientate ad un principio ecologico spesso più di tipo collettivo, che non individuale.
C'è un dialogo molto piacevole che tengono Heinz von Foerster e Ernest von Glasersfeld nel libro «Come ci si inventa» di Ernest von Glasersfeld, dove raccontano storie della loro vita e pensano assieme, qui di seguito riporto un breve stralcio del loro dialogo che richiama cosa intendo per processo stocastico della maturazione dell'attività mentale dell'homo sapiens nei secoli:
HEINZ: Anche tu hai utilizzato la metafora della chiave e hai parlato dell'aprire. Mi piace molto.
ERNST: L'ho preso da Senofane. Mi è piaciuto perché è vero che la chiave apre la porta, ma non dice niente della serratura o di quello che c'è dietro.
HEINZ: Apre delle possibilità.
ERNST: Esattamente, delle possibilità. C'è la storia del cieco, credo che sia di Bateson.
HEINZ: Non la conosco. Cosa vedono i ciechi. (Già Kant lo sapeva) ERNST: La storia è molto bella. Portano un cieco in un paese a lui sconosciuto. Lui gira il paese con il suo bastone bianco e dopo qualche giorno o settimana lo conosce abbastanza bene da andare tranquillamente in giro. La domanda è: che cosa ha imparato? Si direbbe: "Adesso conosce il paese". Ma non conosce il paese, sa solamente dove può andare senza sbattere contro degli ostacoli.
HEINZ: Non conoscevo questo esempio di Bateson.
Neppure a me era conosciuto questo esempio di Bateson, credo renda bene l'idea dello scienziato che costruisce chiavi per procedere nella vita evitando gli ostacoli, così mi sento pure io e mi piace pensare d'insegnare alle persone ad evitare gli ostacoli che ho a mio tempo incontrati, o che son convinto che qualcuno li abbia evitati prima di noi, tutto il vivere è conoscenza e la conoscenza è il prodotto del nostro appendere a più livelli, anche l'apprendimento creativo dell'attività di trance ipnotica è conoscenza.




SCUOLA D'IPNOSI COSTRUTTIVISTA

Responsabile Didattico:
Dr. Marco Chisotti
Psicologo Psicoterapeuta
Ipnosi Terapeuta
Torino - Cell. 3356875991
Tel. 0119187173
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                http://www.aerf.it
                http://www.ipnosicostruttivista.it
www.facebook.com/ipnosicostruttivista


lunedì, settembre 21, 2015

Il cervello del cervello. Marco Chisotti.

In fondo la ricerca nel campo della psicoterapia e delle relazioni d'aiuto in generale è costantemente orientata a capire, scoprire, trovare ciò che permette di cambiare il nostro comportamento, dal momento che se non si sta bene e si desidera cambiare non basta volerlo, la volontà infatti controlla solo una piccola porzione della nostra mente, non più del 10%, tutto il resto del nostro cervello sceglie, decide, agisce in modo indipendente, al di là della logica, del buon senso, di tutto ciò che ci si potrebbe aspettare.
Il cervello è casuale nella straordinaria parte del tempo, non risponde alle attese, non completa, non congiunge, non comunica, il cervello agisce secondo sue regole e principi che non possiamo comprendere.
Mi chiedo costantemente a cosa serve, cosa comporta, che succede pensando al funzionamento del cervello, ma non ci son cose da scoprire o da capire, possiamo solo ammirare i comportamenti, i pensieri e le idee che scaturiscono da esso.
L'inconscio è particolare, è bello quanto sconosciuto, tanto bello da stregare, e chi si lascia stregare ne rimane appagato, e si ritrova realizzato.
L'idea che mi son fatto è che l'inconscio è un sistema organizzato, nel male come nel bene, che agisce sulla base dell'esperienza passata per anticipare il futuro ed adattarsi.
Il nostro cervello è intelligente nella misura in cui è stato organizzato in modo intelligente, sviluppa una complessità la cui risultanza è la coscienza.
L'ipnosi è un metodo che ha la capacità di ridurre la complessità del cervello, semplificando il sistema organizzativo, portandolo ad una condizione indifferenziata, permettendogli così di modificare la sua organizzazione.
L'esperienza è la causa il mondo è la conseguenza, così esiste il mondo, così esistiamo noi, ma la conoscere zia obbliga, impone, controlla, così l'inconscio è dominato da una complessità irriducibile fatta di convinzioni scaturite da esperienze e conoscenze.
Lo stato mentale della trance porta indietro nel tempo e nello spazio, semplifica e riduce ogni pensiero tornado al pensiero indifferenziato.
Con l'ipnosi si apre una finestra e ci si trova a poter riorganizzare e riordinare il nostro cervello.
Ma solo attraverso un lavoro che ci riporta alla coscienza ed alla consapevolezza ci si può permettere un cambiamento, solo con la forza della creatività e della critica possiamo trovare un nuovo equilibrio ed adattarci meglio nella vita.
La macchina biologica che è il nostro cervello agisce costantemente modificando se stessa e modificando l'ambiente.
La cosacienza ci serve per mantenere il contatto con un sistema organizzato di livello superiore, la società, senza coscienza tutto sarebbe differente e noi non potremmo avere l'intelligenza complessa di cui disponiamo unità all'individualità libera e creativa di cui siamo dotati.
L'uomo può vantare i più straordinari successi e le più drammatiche sconfitte, il nostro cervello rende possibile tutto questo, ma senza un organizzazione, senza un cervello organizzato nel cervello biologico non succederebbe nulla.
Credo che ogni più piccola cosa nel cervello sia sostenuta da una grande complessità, un indomita, incredibile, sconvolgente complessità auto generativa.
La coscienza è uno strumento organizzativo per il cervello, si deve passar dalla coscienza per poter accedere all'organizzazione complessa del cervello, ma si deve anche allentare la presa critica della ragione esistenziale che costituisce il vero nocciolo duro del sistema cervello, solo lo stato mentale della trance in ipnosi permette di far breccia in questa complessità.
Il cervello del cervello è la chiave d'accesso, è fatto di organizzazione e metodo, una disciplina che guida, attraverso il metodo ipnotico, le nostre scelte e le nostre decisione a percorrere la strada dell'adattamento modificando le nostre convinzioni e la nostra mappa del modo o modificando il mondo stesso a favore della nostra mappa.
La vita è una continua sorpresa per il nostro cervello che l'affronta con tanto impeto ed entusiasmo anche quando rimane solo nel suo mondo abbandonato dal corpo.
Il cervello è una continua sorpresa per la vita che si lascia continuamente sedurre dal cervello.
Credo che la chiave di lettura di tutto questo mondo sia veramente semplice solo che per comprenderla abbiamo unicamente il nostro cervello e la sua complessità, solo la nostra conoscenza, la nostra cultura potranno ammansire il nostro cervello e permettergli di guardarsi dentro, scoprendo forse che non c'è nulla da vedere di particolare, ma che ogni esperienza di vita non è altro che un costrutto cognitivo che usa il nostro cervello per generare emozioni che hanno il potere di modificarlo a loro volta in un gioco infinito.

domenica, agosto 23, 2015

Perché ........ perché no.
Marco Chisotti.

"E da ultimo vorrei dirvi della morte. È comprensibile che in una civiltà che separa la mente dal corpo, si debba o cercare di dimenticare la morte o costruire mitologie sulla sopravvivenza della mente trascendente (voglio dire:'l'anima').
Ma se la mente è immanente non solo nei canali d'informazione ubicati dentro il corpo, ma anche nei canali esterni, allora la morte assume un aspetto diverso. Il ganglio individuale di canali che io chiamo "me stesso" non è più così prezioso perché quel ganglio è solo una parte di una mente più vasta." Gregory Bateson

Esistono nel percorso della scienza due approcci differenti nel far ricerca ed in particolare nello studiare le funzioni psichiche dell'uomo.
Il primo approccio è quello predittivo, fare diagnosi, metodo utile nel campo medico riduzionista, perché semplifica la cura adeguandone i risultati ad uno scenario finale, sicuramente il sistema predittivo probabilistico ha spesso premiato il cammino della scienza, pensiamo alla ricerca degli elementi mancanti nella tavola degli elementi, o agli sviluppi della teoria della relatività di Albert Einstein.
La mia critica al sistema predittivo è legata alla diagnosi nel campo dei problemi psicofisici, la diagnosi infatti si rivela più un etichetta predittiva, in cui le persone tendono ad identificarsi, che non un sistema di cura, come spesso mi trovo a concludere i discorsi sulle diagnosi per quel che riguarda il terapeuta tendo a dire "Diagnosi perfetta paziente morto", per tutti quanti gli altri "Siamo i migliori profeti di noi stessi".
Ma esiste un altro approccio nel far ricerca in campo psicofisico, quello costruttivo che considera utile costruire la cura, come una guida, una costruzione che tenga in considerazione tutti gli elementi presenti nell'esperienza, utilizzando tutti gli elementi a disposizione, come un unica mente che racchiude corpo e cervello che assieme costituiscono un unità e non la vecchia dicotomia mente corpo, la risultanza della loro attività è l'emergenza di una coscienza come esperienza di vita, stato di consapevolezza ed esistenza.
L'approccio costruttivo è per me l'unico approccio utile a rispettare le funzioni cognitive, il più onesto intellettualmente dal momento che dipendendo completamente da chi lo ha creato e rimanendo sotto la sua responsabilità, esalta limiti e possibilità della mente unica dell'uomo, permettendo di ristabilire l'unione tra cognizione ed azione passando dalla separazione Cartesiana "Cogito ergo sum" al principio estetico di Heinz von Foerster "Agire per conoscere".
Se studio il comportamento di un cane e monitorizzo il preciso momento in cui il cane muove una zampa e prevedo la mossa successiva, ottengo poco in merito alla conoscenza del movimento del cane, solo se riesco a ri-costruire il comportamento del cane ottengo la conoscenza reale del movimento di un cane.
Mi son posto diverse domande su come potesse centrare la struttura orizzontale del nostro cervello, i due emisferi cerebrali, e verticale, il cervello triunico, neocorteccia, paleoencefalo, mesencefalo, del cervello umano, nelle nostre attività cognitive, sopratutto nei confronti dell'esperienza di coscienza.
Ho molte domande che mi pongo rispetto al nostro pensiero cosciente:
Perchè il nostro pensiero si articola su due opposti, giorno notte, bello brutto, grande piccolo, giusto sbagliato, solo perché percepiamo attraverso differenze?
Perché il mondo è strutturato in modo gerarchico, è proprio così o lo vediamo noi così?
Come sarebbe la vita se corpo e mente fossero uniti in modo affettivo e logico?
Come funziona il cambiamento negli Stati d'umore, Stati di coscienza o Stati mentali?
Mi pare di distinguere con queste domande la ragione del cuore dal cuore della ragione.
Tra cuore e ragione ci deve stare equilibrio non posso riempire l'uno senza rafforzare l'altro, ogni sbilanciamento tra sensi e cognizione, azione e pensiero, intelligenza e bontà, produce un indebolimento nella forza vitale e nella resilienza (forza psicologica) personale.
Per la filosofia cinese ad esempio tutto il mondo manifesto si regge sui due principi yin e yang che sono un tutt'uno pur essendo realtà separate.
Lo yin e yang sono opposti: qualunque cosa ha un suo opposto, non in senso assoluto, ma in termini comparativi. Nessuna cosa può essere completamente yin o completamente yang; essa contiene il seme per il proprio opposto.
Lo yin e lo yang hanno radice uno nell'altro: sono interdipendenti, hanno origine reciproca, l'uno non può esistere senza l'altro.
yin/Yang: oscurità/luce, luna/sole, notte/giorno, oscuro/chiaro, femminile /maschile, passivo/attivo, freddo/caldo, negativo/positivo, nord/sud, ovest/est, terra/cielo, acqua/fuoco.
Gli emisferi cerebrali, la struttura orizzontale del nostro cervello, ha una logica da cui, credo, si può ricavare la filosofia degli opposti e l'interdipendenza, come per la filosofia cinese yin e yang.
Credo che anche la struttura verticale del cervello si presti a sfumature di tipo gerarchico ad esempio permettendoci di comprendere quanto la struttura cerebrale impatti sulla percezione e dunque sulla cognizione stessa, posso percepire solo ciò che conosco, ma nel percepire e conoscere non vado a modificare solo la mia conoscenza di un mondo, bensì genero un mondo cambiando il sistema di percezione stesso del mondo che vado a conoscere.
La logica del nostro vivere parte da una semplice identificazione: io sono .... a seguire si coniugano tutti gli altri verbi che danno coscienza e volontà al nostro vivere, ma il lavoro non consapevole che è sotteso nel processo del dare forma al mondo stesso è molto complesso.
"La risposta di una cellula nervosa codifica la natura fisica degli agenti che ne hanno causato la risposta. Codificato è soltanto 'quanto' ha avuto luogo in una dato punto del mio corpo, ma non 'che cosa'"
I nostri recettori sono, infatti, secondo Von Foerster, ciechi riguardo alla qualità della stimolazione, reagiscono soltanto alla sua quantità.
"[...] 'la fuori' non c'è luce, né colore: esistono soltanto onde elettromagnetiche; 'la fuori' non ci sono suoni ne musica: solo variazioni periodiche della pressione dell'aria; 'la fuori' non ci sono né caldo né freddo: solo molecole in movimento, provviste di maggiore o minore energia cinetica; e così via. In ultimo, indubbiamente 'la fuori' non c'è dolore." Heinz von Foerster.
Sono i valori le convinzioni le nostre credenze a controllare e decodificare tutto il nostro processo vitale, sono tutto ciò che resta dalle nostre esperienze, un lungo e tortuoso percorso che parte dalle sensazioni ed arriva ad articolare le nostre emozioni.
Ma da dove nasce la consapevolezza o coscienza?
Mi piace pensare che la coscienza, che si articola dalla distinzione all'insieme, ha a che fare in parte con la struttura del nostro cervello, ed in parte dal collegamento neuronale di parti differenti del cervello, infatti durante il sonno si riscontra la perdita delle connessioni tra parti differenti del cervello, perdendo in tal modo coscienza.
Io mi distinguo e controllo la distanza dal resto del mondo, esercito un potere nel controllo fisico e cognitivo della distinzione che ho creato, poi ne tengo il ricordo, la memoria mantiene la mia identità in un sistema coerente, così posso perdermi nel pensiero astratto come parte di un tutto, fino a crearmi l'idea stessa di Dio, la memoria è però viva, subisce il fascino della vita e si modifica passando così da un processo fedele all'ordine iniziale, ad una forma, assolutamente libera d'interpretare la vita, e la coscienza è quel processo che inevitabilmente sfocia in una forma.
Credo che viviamo della fisicità di un mondo concreto, ne abbiamo bisogno, e soddisfiamo così i nostri bisogni.
Viviamo nel processo, nel bisogno di certezze e verità, le nostre personali convinzioni sul mondo e la vita, che abbiamo creato e da cui successivamente dipendiamo, dimenticandoci la loro sterra costruzione.
Cerchiamo un modo di star con gli altri e viver per gli altri, condividiamo tante cose in questo mondo che abbracciamo con una logica chiara e condivisa da tutti.
Dal controllo della nostra vita e della nostra identità e dal mondo coerente e logico che ne scaturisce arriviamo ad immaginare, sognare.
Alla fine pensiamo nella forma, nell'interpretazione, nella metafora, nell'immaginario.
Mi ritrovo e declinare ancora il metodo organizzativo convinzioni/logica/immaginario, penso che il nostro pensiero sia un alchimia psicofisica dove la distinzione tra corpo e mente è veramente fittizia, e ci muoviamo in un processo vitale che va dallo stato di veglia allo stato mentale di sonno passando per sfumature differenti di trance.
Viviamo un processo continuo che va dalle nostre convinzioni fino all'immaginario rimanendo immersi in un mondo logico che ci permette di condividere il mondo e la vita con gli altri, questa è la vera magia dell'esistenza, la forza della relazione che ci mantiene nella condivisione.
La notte corre portandosi dietro tutti i momenti confusi della nostra giornata cercando un momento in cui allineare tutto ed è così che dormire è un po sparire essere senza essere e quando si spegne la magia della coscienza tutto si sospende fino al giorno successivo quando ogni cosa torna ad affollare la mente.
Il sole è appena sorto da un angolino dell'orizzonte che non mi aspettavo questa mattina in Liguria in inverno nasce di fronte risaltando spesso la Corsica resa visibile in chiaroscuro, mentre d'estate sorge tutto a sinistra sopra Genova, e fa così da sempre e continuerà per sempre, anche se le mie impressioni ed i miei ricordi son cambiati e cambieranno nel tempo.
Le campane al risveglio non mancano a segnare la giornata, così i nostri rituali, doccia, preparazione, colazione, ci mantengono in una relazione continua, logica ed abituale, ogni risveglio riprende il "reale" da dove era stato lasciato, ogni risveglio da forma al processo del vivere.
Il perdere tutti i contatti col mondo durante il sonno è una cosa che trovo sempre strana e misteriosa, rende l'idea di quanto la coscienza sia una funzione del cervello che va costantemente rigenerata e replicata.
Tutta la nostra vita è per me immanente, fantastica, magica, sublime quanto si desidera ma immanente, è quello che è come direbbe un maestro Zen, mentre così tanti la vorrebbero trascendente e ci costruiscono sopra un mondo incredibilmente variegato, che però deve attingere nella notte dei tempi per potersi reggere, molto spesso i nostri "credo" sono fedi riposte in pensieri e testimonianze lontane e lontane.
Io non credo sia sempre stata così come la percepiamo ora la nostra coscienza, penso si sia evoluta e modificata, mi torna difficile pensare ad un esperienza come la coscienza mutata nel tempo e nelle nostre esperienze, nonché dallo sviluppo del nostro cervello, come una cosa sempre esistita e che esiste al di là dell'immanenza in un mondo trascendente che ironia della sorte lo vogliamo fatto della stessa natura di Dio potente ed infinito.
Credo che l'umanità cambi e sia cambiata molto nella coscienza, per cosa si è portata appresso delle esperienze e della vita passata, non abbiamo bisogno di scomodare le teorie della fisica per comprendere la complessità e le sue conseguenze, l'accumulo della coscienza è una fucina straordinaria di emergenze coscienti inaspettate.
Mano a mano che la nostra coscienza integra tutto quanto nel mondo e nella vita per come la conosciamo e l'intendiamo oggi, l'idea stessa di coscienza emerge nuova e pimpante pronta a tuffarsi nella trascendenza per trovar pace nella semplice idea che tutto questo chiedere e rispondere del conoscere cosciente ha un fine ed uno scopo.
Credo che siamo teleologi quanto siamo psicologi, quanto siamo scienziati tutti quanti nell'operare con le nostre esperienze quotidiane tutto qui.
Ma è giusto pensare che tutto questo mondo non finisca con la morte, ma possa continuare in una luce celestiale, che ci fa sorridere e non piangere, ricongiungendosi con quella stessa natura che ci ha creati.

domenica, luglio 26, 2015

Un occhiata nel genio della complessità! Marco Chisotti.

"La causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi." Bertrand Russell.

Detto questo non posso che annoverarmi tra i dubbiosi ...... Ma è così, se si considera l'intelligenza la ricerca del possibile, allora per uscire dall'ovvio e scontato mondo del conosciuto bisogna osar dubitare ed allontanarsi dalle strade segnate, illuminate, riconosciute ed accettate.

Sono immerso nella filosofia dell'essere e del divenire e la chiamo psicologia!
Così ho cominciato a pensare e pensare..... Ma oggi mi sento più immerso negli Stati d'animo o Stati Mentali miei e delle persone vicine a me, nei miei pensieri e nelle sensazioni, i motivi per cui siamo o non siamo, esistiamo o non esistiamo.
Sono estremamente affascinato da quanta intelligenza creativa siamo dotati, da quante cose sappiamo e quali altre non sappiamo di sapere, tanto che mi vien da dire che sappiamo sempre, sappiamo tutto, solo che non sappiamo di sapere, almeno a livello cosciente, così da vivere costantemente in una dimensione ideale ma con piena consapevolezza d'aver i piedi piantati perfettamente a terra.
Se vivessimo molto più nel sogno di quanto non pensiamo e la realtà fosse proprio un sogno perfettamente realizzato da non lasciar spazio a dubbi, allora non saremmo più intelligenti, saremo stupidi che non posson che sentirsi intelligenti.
Sto seguendo un documentario sulla vita di Stanley Kubrick, io son stato catturato dal suo film 2001 Odissea nello spazio, incuriosito di quanta creatività ed inventiva ci fosse stata nel suo mondo, è curioso vedere come, proprio dalla creazione di quel film, cominciò ad approfondire sempre di più i più piccoli dettagli, incredibile con quale meticolosa precisione riproduceva la realtà nella finzione, un incredibile esempio di meticolosità in ogni cosa, anche la più marginale.
Pensando a grandi personalità come Steve Jobs anche per lui era essenziale la precisione e la meticolosa preparazione di ogni piu piccola cosa.
Mi viene da pensare che la perfezione della bellezza stia proprio in questa ricerca "infinita" dei più piccoli ed insignificanti dettagli di un insieme infinito di dettali, la realtà stessa.
Più ci son dettagli e più una cosa risulta vera, più ripeti e ripeti un gesto, un esperienza e più si fa così ricca di dettagli da esser perfettamente percepibile come la realtà stessa, una realtà infinita che viaggia proprio dall'insieme a più piccolo dettaglio.
In ipnosi costruire una realtà plausibile e veritiera portando una persona, dal suo mondo infinito di convinzioni infinite accumulate nella sua storie ed in tutte le sue esperienze, attraverso la logica consapevole, al suo mondo immaginario viaggia proprio attraverso un arricchire di dettagli poco alla volta quell'esperienza immaginaria costruita, fino a renderla vera, anzi più vera del vero, assolutamente credibile, anzi assolutamente convincente, dunque fonte di nuove convinzioni.
Ma tutto questo non è forse il lavoro cognitivo che fa un bambino per costruir la realtà?
Credo che il segreto stia nel fatto che le esperienze primitive non son più disvelabili perché, maturando la propria crescita, il bambino che siamo stati, non potendo prescindere dall'adulto maturato nel tempo non è in grado di rendersi conto dell'origine della "realtà" e dunque delle sue conseguenze nel tempo, la realtà come "verità acquisita" potrebbe esser un semplice e completo accumulo di dettagli nel tempo, che, raggiungendo una certa massa critica, divengono giocoforza il "reale". Almeno penso questa sia l'opera dell'intelligenza umana.
È curioso per me vedere che ci si può perdere alla ricerca dei presupposti che ci motivano, ci condizionano, ci guidano, le nostre convinzioni non son altro che i presupposti del nostro vivere, gli infiniti motivi per cui pensiamo, scegliamo, decidiamo, accumulati nel tempo, una sorta di "verità per accumulo".
Alla fine mi sto accorgendo che mano a mano aumenta il mio interesse per il mondo dei presupposti del pensare umano, più mi racchiudo in un mondo di precisione che mi blocca a da cui devo fuggire per poter sopravvivere.
C'è bisogno di svuotar la soffitta, come la cantina, ogni tanto se non si vuol finire a contemplare l'infinito in una capocchia di spillo.
Ritorno a condividere la ragione ed il sentimento in giuste proporzioni per non correre il rischio di un indigestione o di pensieri o di sensazioni.
Penso che si possa arrivare a deformare la materia, il corpo, attraverso una certa attività del cervello, i nostri stati mentali, i nostri pensieri proprio perché pensieri e la materia son un tutt'uno anche se ci dilettiamo così tanto da distinguerli continuamente.
Come Bertrand Russell penso che l'uomo possa conoscere solo i dati sensoriali, percezioni momentanee e soggettive di colori e suoni, e che ogni altra cosa, compresi gli stessi oggetti fisici cui vengono riferite le nostre percezioni sensoriali, non possono essere conosciute direttamente. E di tutto ciò che non possiamo conoscere dobbiamo tacere, così taccio sul mondo "tra le vite", così taccio su ciò che non rientra nelle mie convinzioni lascaindomi affascinare da quel mondo di dubbi ed incertezze che riempie il mio "mondo immaginario infinito".
Vado in trance per bisogno non per possibilità, la nostra intelligenza non può rimanere legata ad un intelligenza così a lungo da perdere il suo senso di verità "scoprendo" che manca qualcosa, dopo un po di concentrazione deve evadere la scena per viver di suggestione mischiando le carte della convinzione nel mondo dell'immaginario.
L'immaginario della trance ultradiana, sfocar lo sguardo e sfumare la concentrazione su altro mondo, quello interiore, è un bisogno non una possibilità della nostra intelligenza, che usa l'immaginario per stabilizzare il nostro "mondo reale" che deve esser continuamente aggiornato da nuove convinzioni convincenti per mantenerci nella sicurezza critica della "verità", lontano per un po dai dubbi che d'altronde rendon intelligenti.

mercoledì, luglio 08, 2015

La vita per quel che è. Marco Chisotti

Alle volte mi chiedo se la vita è una cosa semplice che i pensieri tendono a complessificare.
Nel mio caso, e di questo posso parlare, credo di si, un grande del costruttivismo Heinz von Foerster dice che tendiamo a proiettare la complessità che viviamo dentro di noi nel mondo esterno.
Per questa ragione sento tutta la complessità del mondo esterno che confonde ogni mio più ordinato intento a descriver la semplicità del mondo stesso.
Ci son tanti che io definisco battisti che battezzano e cercan di fare proseliti ed hanno un pensiero per tutte le stagioni, li ascolto e spesso mi sento di dargli ragione, in fondo son goloso di verità.
Noto però che spesso la fede è un sentimento più che una ragione, io mi sento molto sentimentale, eppure so d'essere ragionevole, già si complica un po tutto.
Mi piace pensare che l'amore unisce, e mi son chiesto quale parola si antepone all'amore, li per li verrebbe da dire l'odio, ma è una risposta ingenua, è uno studioso di "storie e racconti" in salsa psicologica, Dan Mc Adams, che ha contrapposto all'idea di amore quella di potere, e il potere divide, così sembra semplice a dirsi ma in sostanza non lo è.
Mi chiedo spesso cosa influenzi di più l'umanità ed è facile considerare che l'umanità è condizionata dalla fede, che spesso si limita ad essere una speranza, è condizionata dai legami che spesso si spacciano per amore, come sentimento, mentre son più legami che definiscono un potere, un controllo, spesso un potere esercitato in nome del tuo bene, e qui si complicano ulteriormente le cose.
Forse è più semplice pensare che anche i significati delle parole son più sentimentali che ragionevoli, il mondo è complesso per quanto si confondono ragione e sentimento, semplice e complesso.
Si la ragione è semplice, come la tastiera di un pianoforte, i sentimenti son complessi come le stelle in cielo, milioni di milioni di punti interrogativi.
Son goloso di verità, ragionevoli verità, ma guardo sempre verso l'infinito, la libertà, verso quelle sensazioni che virano in sentimenti.
Il mondo è complesso, io son complesso, ma la vita è semplice, perché quando la viviamo stiamo bene o stiamo male, e non ci son parole che possono descrivere tutto il nostro vivere e morire.
Un caro amico giorni fa mi ha ricordato una bella storiella zen che aiuta a comprendere la vita così com'è, e che voglio qui riassumere a conclusione della semplicità con cui complessifichiamo la vita.
Un giorno lontano in un antico villaggio la giovane figlia di un influente mercante rimase incinta e non volendo denunciare il giovane amico della sua avventura s'inventò la storia che il saggio del villaggio aveva approfittato di lei.
Tutto il villaggio sapendo del misfatto accompagnò il padre della ragazza, dal saggio del villaggio per denunciarne il fatto e costringerlo così a prendersi cura del bambino.
Il saggio ascoltò tutte quante le accuse e le richieste che avevano da fargli e disse: "Ah si?"
Crebbe ed educò il figlio per molti anni fino a farne un forte ed intelligente bambino.
Un giorno, la figlia del mercante nel frattempo cresciuta e maturata sentì la mancanza di suo figlio, e senza farsi problemi racconto la vera storia del figlio chiedendo di poterlo avere indietro.
Tutto il villaggio accompagnò il mercante dal saggio ed insieme tutti quanti si scusarono dell'accaduto chiedendo così indietro il figlio.
Il saggio ascoltò tutte quante le scuse, le motivazioni e le nuove richieste che avevano da fargli e disse: "Ah si?"
La vita è bella e brutta, grande e piccola, vera e falsa, semplice e incredibilmente complessa, è tutto quanto e di più, ed è anche, credibilmente, l'unica complessa esperienza che semplicemente conosciamo.

lunedì, giugno 29, 2015

Sinfonia del "reale". Marco Chisotti.

"Una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo
essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e
infinitamente mutabile."
Luigi Pirandello.

Ogni individuo genera la sua realtà nel mentre che agisce, e vive nel suo stato mentale che percepisce come Realtà. Ogni stato mentale è un equilibrio tra pensieri (identificativi e coerenti nel senso di identità) e sensazioni, dove il percepire è agire sull'ambiente, percepire è generare il senso del reale.
È l'azione che genera conoscenza e di conseguenza porta in atto una realtà, le fantasie immaginarie (immaginario) son fondamentali a generare cambiamenti nelle mappe percettivo cognitive della realtà stessa.
Per rimanere nel pensiero di G.A. Kelly noi agiamo dei costrutti che non sono la verità, ma sono appunto dei costrutti ed in questa maniera creiamo delle realtà.
Non si può pensare al proprio passato se non attraverso i concetti ed i ragionamenti del presente.
La storia che ci siamo costruiti ed in cui crediamo e conosciamo non è la verità, è una nostra narrazione, è la storia possibile e coerente che ci raccontiamo identificandoci in essa, attraverso la quale esistiamo, si basa sulla nostra volontà, le nostre scelte, le decisioni e consapevolezze, in gran parte anche sociali ed istituzionali come il sistema educativo e la scelta del proprio "credo" all'interno di una dimensione spirituale, ma che personalizziamo e confezioniamo in un eperienza tanto astratta ed utopica, quanto di fondamentale importanza la "libertà" (percezione del proprio libero arbitrio).
Ogni comportamento è un Adattamento, ovvero Assimilazione e Accomodamento ad una successione di forme di equilibrio perdute e riconquistate, e ciascuna è sia un punto di arrivo che di partenza.
I principali contesti in cui un uomo ed una donna costruiscono la propria vita sono la propria autonomia, l'autoaccettazione, il trovare uno scopo nella vita, il crescere in tutte le sue tappe evolutive e relazionali, lo sviluppo del proprio controllo sull'ambientale circostante, e la creazione di relazioni positive con gli altri.
Questi punti riguardano, a parer mio le tappe fondamentali di come trovar il proprio equilibrio personale. 
Tutto quanto declinato fino qui ci porta alla conoscenza come processo costruttivo autoreferenziale finalizzato a produrre realtà. Non esiste un modo reale preesistente ed indipendente dall'osservatore, di stare in un processo come la vita, se non attraverso un metodo con cui dar forma al processo stesso, un metodo descrittivo ed identificativo.
Esistono solo diversi punti di osservazione, modi alternativi di costruire se stessi e le nostre relazioni con gli altri, per influenzare situazioni favorevoli alla nostra trasformazione e crescita evolutiva.

Il conoscere è il decidere e scegliere, inconsapevolmente, la mappa che sarà, in un processo di riconoscimento e comparazione, attraverso la propria memoria, eliminando il superfluo ed evidenziando il "viable", l'utilizzabile, il percorribile: non la verità, ma una verità possibile come la strada che al momento posso percorrere utile e funzionale a me ed al mio identificarmi nella mia vita.
I meccanismi percettivi e cognitivi attraverso i quali rendiamo possibile il possibile sono sempre gli stessi, son i principi "ipnotici" attraverso i quali generiamo la realtà dentro e fuori di noi.
Questi principi "ipnotici" son sintetizzabili in 4 punti:
Dissociazione, io mi osservo e mi percepisco come latro da "Me" e dunque esisto, io e gli altri, io ed il mio inconscio, io e la realtà in cui mi identifico.
Intensificazione, un azione che mette in evidenza un campo percettivo e tutto ciò che ad esso si connette, tra tutte le sensazioni possibili l'orientarsi in quelle viabili, utili, costruttive, riconoscibili, in un esperienza che semplicemente chiamiamo "coscienza".
Costruzione e spostamento nel tempo e nello spazio, attraverso l'uso di confini spazio temporali, in un ordine sequenziale, un gioco della nostra intelligenza ipotetico deduttiva, in declinando un prima ed un dopo fino a ritrovarci in un istante, ora ed un luogo, qui, vivendo, nel coincidere di sogno con un ricordo, il proprio presente.
L'implicazione, che ha reso possibile tutto il mio parlare e comunicare fino a qui con voi, come straordinario mezzo e fine della cognizione o consapevolezza, la causa effetto, con la quale ordiniamo in modo superstizioso, come ci ricorda Ludwig Wittgenstein, la nostra realtà.
Ma quale miglior prova del nove per la vita se non tre mondi di conoscenza in cui la realtà stessa per noi "esiste":
Il mondo uno che è fatto delle nostre esperienze personali, un mondo in cui conserviamo le indicazioni raccolte, da cui ricaviamo le convinzioni con cui percepiamo, sentiamo e ci muoviamo nel "reale".
Il mondo due che è fatto di logiche, dove la ragione non è altro che una logica che ci permette di condividere la "realtà" stessa con gli altri, il capirsi, il comprendere, un "sentire" sociale, fino all'empatizzare in modo cosciente con gli altri.
Il mondo tre, il sogno, l'immaginario, il possibile, il luogo dove avviene il cambiamento possibile, dove si empatizza in modo inconscio e profondo, dove si va in transe, dove credo si inventa e si costruisce lo stato mentale, che per noi è la "realtà" stessa.
Nell'immaginario, ci si trova nel proprio mondo creativo ed inconsapevole, che si modula e si declina in tutte le sfaccettature della "realtà" che ci troviamo a vivere, in un mondo logico e coerente, il mondo due, che ci permette di condividerlo e confrontarlo in modo coerente con la nostra identità, in nostro dialogo interno, e con gli altri, il nostro dialogo esterno, fino a riportarlo nel senso concreto e testato, nonché critico, che è il nostro mondo uno, il mondo delle nostre profonde e radicate convinzioni esistenziali, la nostra "realtà".

mercoledì, giugno 24, 2015

Non ho esclamato abbastanza «Io» da poter divenir famoso, ammirato, pensato.

«Siamo ciò che conserviamo» Pablo Picasso


Non ho esclamato abbastanza «Io» da poter divenir famoso, ammirato, pensato.
Se non ci si nomina e ci si proclama non si viene osservati ed ammirati.
Cosa conserviamo più di tutto? Con cosa ci riconosciamo, come viviamo la nostra Identità?
Conserviamo le idee sulla vita, le nostre convinzioni, conserviamo l'idea di noi stessi attraverso le nostre convinzioni.
Tutto il resto cambia, la percezione cambia, le forme cambiano, così le apparenze e le sostanze, invecchiamo dal primo istante di vita in un continuo cambiamento biologico che impatta in parte sul mondo psicologico, in parte su ciò che conserviamo di noi stessi.
La nostra identità la conserviamo attraverso la nostra coerenza interna, è la memoria che conserva per noi l'idea della nostra esperienza, e la conseguenza della nostra memoria è la nostra identità che conserviamo e ci raccontiamo.
Dunque conserviamo ciò che ci conserva, l'idea coerente con cui narriamo noi stessi, le nostre gesta, il nostro vivere.
Conserviamo le nostre abitudini, ci conosciamo e conserviamo attraverso gli abiti, le cose che ci circondano, gli oggetti di cui ci circondiamo, e quelli che usiamo.
Ma sopratutto conserviamo le persone che amiamo o abbiamo amato, conserviamo i nostri figli, le persone che ci rappresentano, portiamo con noi ciò che ci rappresenta al meglio.
Conserviamo in modo ordinato, attraverso la logica, le idee ed i pensieri che si son dimostrate durature, e che divengono le nostre convinzioni.
Tutto quanto ci riguardi passa attraverso le convinzioni, che a loro volta ci guidano, ci condizionano, ci fanno essere ed esistere.
Ma allora dove ci sgretoliamo, ci modifichiamo, dove cambiamo?
Tutto ciò che ci riguarda ci appartiene perché lo conserviamo, mentre ciò che cambia sfugge nel mondo creativo dell'immaginario, un mondo che non conserviamo se non per pochi attimi, pochi istanti.
Le esperienze son prima semplici sensazioni che fissiamo attraverso le emozioni che danno corpo alle nostre convinzioni.
Il nuovo, il cambiamento si sviluppano alla luce dell'immaginario, della creatività, per favorire un adattamento, una nuova viabilità.
Convinzioni, logica ed immaginario son il metodo con cui diamo forma al processo della vita, la memoria ci conserva e conserva se stessa, esistiamo attraverso di lei che ci conserva.
Credo sia interessante guardare ciò che conserviamo di più, quanto di noi stessi rimane, li è facile trovar se stessi, è forte il bisogno di mantener attorno a noi ciò che ci conferma nella nostra esistenza.
Alla fine mi sembra sian poche cose quelle che conserviamo ma è forte l'impatto che ne deriva, siamo sostanzialmente ciò che conserviamo nella nostra storia.

lunedì, giugno 01, 2015

Gutta cavat lapidem. La goccia scava la roccia. Marco Chisotti.

Gutta cavat lapidem.
La goccia scava la roccia.
Marco Chisotti.
Così fan tutte le convinzioni.
Non siamo forse intrisi del senso dello scopo del destino del fato .....
In fondo a pensarci bene ed a sentir quanti dicono che non ci si può sottrarre al proprio destino alla fine te ne convinci, è proprio così ora ci credo, son convinto esista ma credo anche al caso è qui la spiegazione che mette d'accordo tutti.
Quando venne inventata l'automobile non venne contemplato lì per lì l'incidente, avvenne solo alcuni anni dopo e fu casuale e nessuno lo voleva, nessuno lo precise ma da lì insorsero molti destini.
Per ogni incidente vien facile parlar di destino ma alla fine m'accorgo che è un caso che si parli di destino perché il destino ed il caso son stranamente simili.
Entrambi si intendono di storie, vivono nelle storie ed alimentano le storie, non è un caso dunque parlar di destino!
Alle volte vien prima l'uno alle volte prima l'altro, alle volte è vero l'uno altre volte l'altro.
Penso sia sempre un problema di convinzioni che come "Gutta cavat lapidem" segnano un solco nella nostra mente, segnando casualmente i nostri destini.
Ma la vita dunque cos'è?
Quella cosa che ci succede mentre siamo impegnati in qualcos'altro?
La vita che stimo vivendo è il nostro destino o noi siamo comparse di un destino altrui?
Difficile metter i puntini dopo che qualcosa è avvenuto, impossibile farlo prima se sa sporcarsi del caso.
Buona parte del nostro tempo lo passiamo a far accettare un pensiero a noi stessi o agli altri, buana parte della vita la passiamo cercando spiegazioni per calmare quella parte di noi che ci protegge dall'accettare le spiegazioni altrui.
Il destino esiste ed è il tuo solo che è postumo al caso che è sempre un destino ma la cui punteggiatura diverge dalla tua.
La goccia è il destino che scava la roccia che è il caso ed ogni cosa col tempo diventa per il genere umano un destino.
Le cose capitano e se non ci dai importanza tutto finisce lì, ma se solo ci pensi allora il pensiero, ed il mondo delle idee naviga e viaggi lontano nel tempo e nello spazio, il tempo cambia il caso in un destino, allora all'alba del tempo tutto era un caso, tutto era innocente e puro, poi, poco alla volta, tutto è stato "sporcato" dal destino ora non si può più resistere al destino.
Per caso ora vi lascio al vostro destino, un giorno si dirà che non fu il caso ad orientar il destino, bensì il contrario e come la gutta cavat lapidem un solco profondo ora da un senso al nostro pensiero che prende un fine ed uno scopo sempre più preciso a fissare il senso compiuto della nostra vita.
Dal canto mio torno allora a pensare in modo semplice tanto per non farmi del male inutilmente, la vita è semplice.
Si nasce, e nessuno ne può nulla tanto meno chi ne nasce, qualcuno ci vede un destino, qualcun'altra un caso.
Si cresce, e sembra inevitabile che in qualche modo si cresca, e anche se vien facile pensare che avvenga "quasi" per caso, spesso si cresce nel proprio destino.
Si vive e qui ha probabilmente senso pensare al destino tanto per non buttar ogni cosa alle ortiche, ma troppe volte la vita è così complessa nella sua storia da sembrar più casuale che altro.
Si muore e tutto torna al caso quasi a voler completare un chiaro destino.

giovedì, aprile 02, 2015

La leggerezza dell'esser coscienti.
https://medium.com/@chisotti/la-leggerezza-dell-esser-coscienti-5c9238dd11ff
Quale esperienza m'attende a voler parlare di coscienza, beh un incredibile momento lucido nell'essere e nel divenire.
Intanto la prima cosa che percepisco nell'essermi svegliato in piena notte è la piena consapevolezza e lucidità di un qui ed ora, la chiara memoria di un esser stato e la possibilità di pensarmi in un domani, tutta la mia "brillante", si fa per dire, intelligenza ipotetico deduttiva, una piena coscenza spazio temporale, so di essere e di esser qui ora, d'esser stato e di rimanere ancora per un po', almeno questa è la speranza.
L'addormentarsi implica uno "strano processo" che permette di comprendere il tragitto che si fa ogni volta che ci si addormenta, dal pensiero differenziato, il pensiero col quale affrontiamo le esperienze dello, stato, di veglia, al pensiero indifferenziato, momento del quale si può supporne l'esistenza senza per altro averne certezza.
Nulla di speciale, si potrebbe dire che nell'addormentarsi, esperienza a cui ci si può normalmente sottrarre per un tempo limitato, i pensieri s'assotigliano, pensi ma non ci riesci, prima esegui ancora dei piccoli movimenti, poi credi di farli ma li stai solo pensando, poi perdi il contesto di riferimento, alle volte torna per poi svanire ancora, magari ce la metti tutta ma alla fine tutto svanisce, dormire è proprio un po' come morire, ma questa pvviamente è una mia cosciente supposizione, almeno per ora mi sembra proprio così, a meno d'esser già in un'altra dimensione dove faccio i conti con una dimensione di sogno, o di sogno nel sogno, o di sogno nel sogno nel sogno, e così avanti all'infinito.....
Incredibile ma è così, almeno per me ora, e visto che tutto finisce alla fine non credo a nulla dell'aldilà di cui si parla di qua, ma solo per una mera condizione di coscienza, dal momento che son in grado di portarmelo con me l'aldilà allora è un aldilà al di qua, dopo, e per poterlo affermare dovrei esserci, ed ancora non ci sono, a meno di supporre d'esser allucinato in un sogno, magari da qualcun altro all'occasione, dopo non so come sia o sarà e dunque rimango nel campo delle ipotesi deduttive, nel campo appunto dell'intelligenza ipotetico deduttiva.
Il credere è altro che il prodotto di un esserci, fino a che ci sei sussiste, dopo è tutta fede che hai prima ma che non sei in grado di ratificare dopo. Mi sembra proprio semplice nulla di più, è poco fa mi son detto di quest'esperienza, magari ci scrivo sopra qualcosa, in fondo il mio pensiero è così non posso negarmelo.
Per chi dorme di voi ora siete voi ad esser svaniti, ad esserci in un altro mondo, un mondo di cui non avete coscienza e dunque certezza.
Se non si ha coscienza, non si ha tempo ne si ottengono risultati, non si hanno pensieri strutturati in una veglia cosciente, almeno non se ne ha consapevolezza, e di questa io sto parlando.
A voi dico a domani che è già oggi, mentre voi ora non potete replicare perché per dire, affermare, c'è bisogno d'esser coscienti, coscienti di un io e di un altro, a cui ci si rivolge, solo due coscienze necessariamente fanno un io, una da sola pensa, crede, alla fine spera d'essere, ma tutto quanto è solo un atto di fede, che possa esistere un mondo, di poter essere nel mondo e rimanerci almeno per un altro po'.
Così la penso, almeno per ora, chissà forse son limitato, forse son nel giusto, ma la mia critica mi fa pensare attraverso le mie convinzioni, le mie esperienze, e lo sto facendo attraverso la logica, che mi mette in contatto con chi di voi mi sta leggendo.
Son affascinato, quasi compiaciuto di un siffatto mondo, la mia esperienza mi permette di percepirlo coi sensi proprio così, almeno questo è ciò che posso pensare, ciò di cui son convinto.
Ma la stessa coscienza può andar oltre, nell'immaginario e supporre tante cose che posso portar alla coscienza del mio lettore, faccio tutto questo per un altro che mi ascolta, che mi legge per la precisione.
La logica permette che tutto queso avvenga, assieme a "te", il mio interlocutore in quest'istante, di quello che ha preceduto questa mia esperienza posso solo supporne l'esistenza, è frutto di una mia convinzione, di una mia esperienza passata.
Viviamo nelle convinzioni, una coscienza che mantiene il nostro senso d'identità, e viviamo in un idea fatta di convinzioni coerenti tra loro, questo è il nostro credere, o meglio il mio credere ora.
La logica e la ragione mi permettono di rendere manifesto il mio pensiero a chi mi ascolta o mi legge, nella logica ci rimaniamo ogni volta che desideriamo confezionarci delle certezze, cioè a dire delle esperienze condivise, la ricerca di un pensiero condiviso è un bisogno essenziale, ci da il senso d'appartenenza.
Ma oltre a confermare me stesso, rimanendo nelle mie convinzioni, posso passare nel mio immaginario, il regno del possibile, ma non certo, non "vero", il mondo creativo dove come in un sogno immagino appunto, sviluppo un pensiero come se fosse "vero".
È incredibile in fondo tutto questo, e lo facciamo ogni giorno, partiamo in modo logico dal constatare in modo logico e razionale l'esistenza di questo è di quello, per me oggi è stato il constatare, attraverso la mia consapevolezza, frutto delle mie convinzioni, maturate durante la mia esperienza, che ci si addormenta e si finisce nel sonno, un mondo particolare di cui abbiamo una personale coscienza solo nel momento che sperimentiamo il sogno, che è una "fuga" nell'immaginario.
Se ci fate caso tutto quello in cui crediamo è frutto di un esperienza in cui crediamo, di cui siamo convinti, tutto ciò che crediamo vero è strettamente legato alla nostra logica ed alla nostra ragione, divenendo in tal modo un mondo possibile, ma proprio per questa possibilità d'esistere il mondo è immaginato e rientra dunque nel mondo immaginario e creativo di cui supponiamo l'esistenza.
Cosa rimane di tutto questo pensare?
Per me non rimane altro che l'esperienza di uno stato mentale, un mondo di personali valori, convinzioni e credenze, che nella misura in cui son riuscito a condividerlo con altri è divenuto un mondo logico, razionale, condiviso, uno stato mentale che nel momento stesso in cui non è più strettamente condivisibile diviene un mondo immaginario, un mondo di fantasia e creatività, che se riesco a qualificare e quantificare con la logica ed in modo ragionevole agli altri, diviene un mondo a tutti gli effetti, un mondo calato in un contesto spazio temporale, un mondo di cui posso parlare ed in fondo continuare ad arricchire nel mio immaginario.
Quali sono dunque gli elementi di uno stato mentale, essenzialmente sono valori, credenze e convinzioni che affermano il pensiero logico e razionale attraverso le nostre esperienze, e ci portano nel mondo immaginario nel quale viviamo l'esperienza del come se, è nel mondo immaginario che possiamo avere coscienza delle variazioni dei nostri stati mentali, e gli elementi che usiamo per aver coscienza della nostra esperienza sono differenti.
La prima esperienza è quella dissociativa, percepiamo il mondo da punti di vista differenti e lo facciamo dissociandoci, la stessa coscienza usa la dissociazione per farci avere coscienza di un io, è un esperienza fondamentale per tutti da sempre ed in particolare per i filosofi, dal "Cogito ergo sum", di Cartesio, all'idea di coscienza di Francisco Varela che ci dice: " .... la coscienza non è nella testa .... la coscienza è un'emergenza che richiede l'esistenza di tre fenomeni o cicli: il corpo, il mondo e gli altri".
La seconda esperienza fondamentale è focalizzazione spazio temporale, la capacità di esserci nel tempo, un momento particolare, e nello spazio, un luogo preciso, l'esperienza che ha intrattenuto per tutta la sua esistenza Albert Einstein che se ne è uscito con la sua straordinaria esperienza della relatività, che io semplicisticamente considero come "tutto è relativo".
La terza esperienza fondamentale è la capacità di cogliere le differenze, aumentare e diminuire le sensazioni percettive di una data esperienza, pensiero che ha intrattenuto a lungo Gregory Bateson, la differenza che crea differenza.
La quarta esperienza che ci accompagna e completa ogni nostra esperienza di vita è l'implicazione, la più grande superstizione, ci ricorda Ludvig Wittgenstein, l'implicazione, la causa effetto, il fine e scopo alla vita stessa.
Così concludo dicendo che la vita è l'esperienza di uno Stato Mentale un esperienza di cui abbiamo coscienza attraverso un corpo, un mondo e l'esistenza degli altri, in un preciso contesto spazio temporale, attraverso un operazione di distinzione come atto di cognizione e la memorizzazione dell'esperienza avuta come conoscenza acquisita, il tutto attraverso logica e ragione che vanno a costituire il mondo cosciente dei valori, delle credenze e della convinzioni che sono le nostre personali e critiche "verità".
Ma tutto questo solo quando siamo in uno stato mentale di piena coscienza e consapevolezza, solo poco che variamo questa consapevolezza che ci troviamo nel mondo creativo dell'immaginario in cui i sensi ci guidano nel mondo che ancora non c'è del possibile, come in un sonno dove un sogno ci guida.

lunedì, marzo 02, 2015

La coscienza esiste! Un riscatto esistenziale per andar oltre la fede. Marco Chisotti


La coscienza esiste! Un riscatto esistenziale per andar oltre la fede.



Abbiamo una coscienza molto ridotta è molto limitata rispetto all’inconscio perché la coscenza è un frutto incredibilmente cosciente, unico , un frutto straordinario, speciale, ci fa essere, ci fa dire, ci sa fare, pensare, gioire, scegliere, decidere …… La coscienza è speciale, difficile, straordinaria, è l’unica cosa di cui abbiamo consapevolezza, per poco che vada fuori noi non esistiamo più, non ce la facciamo più, siamo stanchi, delusi o affranti, per poco che si c’entra per noi è siamo felici, leggeri, contenti!

La coscienza è poca cosa rispetto a tutto il resto di noi perché è il frutto evoluto di un inconscio straordinario che gli animali vivono come unica possibilità, con poco altro, una biologia di cui son solo parzialmente consapevoli, una “ragione” molto limitata anche nei primati nostri stretti parenti, una consapevolezza praticamente inesistente, non s’accorgono, non si rendono conto, non vivono un mondo, vivono il mondo, un unica forma di possibilità, di vita vivono un unica direzione, guidati da un intuito straordinario ma assolutamente unico, indivisibile, indissociabile, imperturbabile. La coscienza è il sapere, il vivere decidendo, sapendo, pensando, patendo e gioendo, la coscienza è l’unica cosa che che abbiamo e sappiamo d’avere, tutto il resto lo supponiamo, lo speriamo, lo desideriamo, lo cerchiamo ed alla fine lo creiamo, perché solo ciò che la nostra coscienza crea esiste veramente tutto il resto è fede, un unica incredibile infinita fede per un mondo di speranza ma un mondo che esiste solo perché viene sperato, solo la coscienza è qualcosa, solo la coscienza esiste.

La coscienza esiste ed è il nostro vero ed unico riscatto esistenziale, è la cosa per cui tutte le cose esistono, senza la quale nulla è se non un completo ed unico atto di fede. Io esisto, tu che sto leggendomi esisti, solo la coscienza ti permette un atto così complesso ed unico come l’esistere, e questo è straordinario.

giovedì, febbraio 12, 2015

Un mondo vago. Marco Chisotti.

Un mondo vago. Marco Chisotti.

Il mondo è sufficientemente vago da permetterci di capire, capirci ed accordarci. 


"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso." Fëdor Dostoevskij

Ci sono tre mondi che si allineano e si susseguono nella nostra esperienza, il nostro mondo personale legato alla critica, un mondo che ci protegge ed alle volte ci isola, il mondo condiviso della logica, dove ci incontriamo con gli altri, ci spieghiamo e comprendiamo, ed il mondo dell'immaginario dove sogniamo, creiamo e fingiamo come se posse possibile conoscere e cambiare, fino a riuscire a farlo.

Si pensa di conoscere e capire ma in verità si approssima la comprensione, si crede di capire e proprio questa credenza, questa nostra convinzione ci permette di raggiungere l'intesa e l'accordo. 

Fateci caso ma quanto spesso domandiamo cosa le persone intendono dire con ciò che affermano, nella maggior parte dei casi la comprensione è solo approssimativa. 

Quante volte ci soffermiamo a definire i dettagli, solo in particolari circostanze lo facciamo, per la maggior parte delle occasioni viviamo di approssimazioni, siamo sufficientemente vaghi, tanto da esser proprio per questo capiti e compresi.

In verità devo dire che son affascinato da quanto son vago anche con me stesso, anzi son tranquillo perché son vago, fossi preciso sarebbe un problema, sai quanto è difficile considerare un livello ottimale di chiarezza? 

In ipnosi si conosce molto bene l'arte del comunicare usando strutture superficiali e profonde del linguaggio, il Milton Model così è chiamato il "linguaggiare" di Milton Erickson, usa un linguaggio persuasivo che, al contrario del linguaggio di precisione, è un linguaggio generico che lascia molto spazio all'interpretazione dell'altro.

Credo si possa parlare di linguaggio ipnotico quando si parla di linguaggio persuasivo, ma al di là dell'Ipnosi penso che tutti quanti usano un linguaggio di persuasione o di precisione, e diamo agli altri possibilità differenti di comprendere, nel senso di con-prendere, prendere assieme, la realtà.

Mi risulta sempre più chiaro quanto le persone costruiscano la "realtà" attraverso esperienze differenti, più o meno dettagliate, in base a quanto guidano o siano guidati dagli altri nel costruire la realtà stessa.

Il mondo è come è non per come è ma per come lo vediamo ..... il mondo è il nostro mondo unico, nella nostra dimensione critica, ma noi pensiamo sia anche il mondo degli altri, condividiamo molto del mondo ma lo facciamo dietro a delle precise indicazioni date e ricevute a livello sociale, culturale e personale.

In verità credo che il mondo sia veramente vago ed impreciso e solo per questo motivo riusciamo a condividerlo, lo affrontiamo e lo gestiamo con la logica, quando non è possibile mantenere un mondo vago si va incontro allo scontro, o ci si rifugia nell'immaginario, nel mondo creativo che ci si trova a disvelarlo passo a passo.

Quando si lavora col mondo degli altri si rimane volutamente sul vago per rispettare il loro mondo, se si accetta d'ascoltare allora ci si avvicina al mondo dell'altro e si può comprendere quanto questo mondo sia differente dal nostro.

Credo sia così che ci si ritrova in solitudine, ascoltando il nostro mondo interiore senza dar spazio al mondo dell'altro.

Pensiamo di vivere le stesse cose che vivono gli altri ma non è così, viviamo quello che pensiamo di vivere ed abbiamo bisogno di credere che gli altri vivano le nostre stesse esperienze, solo così, vivendole, possiamo capirle, comprenderle e condividerle, solo così possiamo accordarci.

Son tante le esperienze della vita che aiutano a capire e comprendere ciò che voglio intendere, una per tutte la dimensione dell'innamoramento, è sicuramente il momento in cui condividiamo facilmente il mondo, il momento in ci sentiamo sicuri di avere un mondo con l'altro.

Al di là dei momenti d'innamoramento, il resto della vita lo passiamo a cercare l'intesa, la comprensione e l'accordo, un po con noi stessi e molto col mondo esterno.

Tutto il mondo è vago e finché è vago allora è possibile ed accessibile a tanti, non appena il mondo diventa unico diventa stretto e difficile, pensiamo di vivere lo stesso mondo ma dividiamo solo la convinzione di avere un mondo condiviso.